venerdì, febbraio 27, 2009

21(mila) grammi

"Come un mare di seta,
rosso fuoco d’autunno,
io brucio.
E protette dal sonno dentro me muoveranno
lentamente le fiamme.
Io non so controllare quest’ansia criminale di vivere.
C’è qualcosa più grande di me.
E' qualcosa più grande di me...più grande di me.
Io non riesco a parlare e nemmeno a svenire.
Io brucio.
Io non riesco ad uscire da me e non mi basto.
Io brucio.
Sono come una foto sfocata, sbagliata, malriuscita.
Io brucio. Brucio. Brucio.
C’è qualcosa più grande di me.
È qualcosa più grande di me...più grande di me.
Io non riesco ad uscire da me e non mi basto.
Io non riesco ad uscire da me e non mi basto.
Io non riesco ad uscire da me e non mi basto
e brucio. Brucio. Brucio..."


Perché mai, nonostante un corpo tanto leggero, la mia anima deve pesare una tonnellata? Portarsela appresso è tremendamente faticoso, sfiancante, al punto che a volte vorrei tanto potermela sfilare, ripiegarla distrattamente e abbandonarla in fondo ad un cassetto, anche solo per poche ore, per assaporare finalmente una sensazione tiepida e inebriante di facilità e di fiducia. Non sentire più l'ingombro di questo terrore idiota e immotivato che sempre mi attanaglia, né il panico che mi assale nei momenti in cui dovrei svelarmi o lasciarmi svelare. Resistere all'istinto di fuggire sistematicamente davanti alle cose belle che mi succedono per paura che improvvisamente si rivelino essere solo delle semplici fantasie, delle illusioni consolatorie che la mia mente ha partorito per edulcorare la durezza della realtà, oppure per il senso d'indegnità che provo ininterrottamente, come se non meritassi nulla più di questa penalizzante marginalità rispetto al resto del genere umano. Non temere (sempre e comunque) di stare fraintendendo, o peggio deliberatamente travisando, i segnali che provengono dall'esterno e finirla di essere diffidente, incredula e di pensare di sbagliarmi, fermamente convinta come sono che sia fin troppo ovvio che niente di buono possa mai accadere proprio a me. Liberarmi momentaneamente dall'idea di essere uno degli esemplari peggio riusciti nell'intero campionario dell'umanità e, soprattutto, sgonfiare un po' l'ipertrofia patologica e molesta dei miei pensieri. Smettere di vivere in apnea, respirare a pieni polmoni, come non ricordo di essere mai riuscita a fare. Inspirare fino all'estremo, fino a percepire qualcosa in petto che cede, che quasi si spezza, espirare, ricominciare da capo e poi ancora e ancora e ancora, fino ad ubriacarmi d'ossigeno.

Listening to:
Brucio - Paolo Benvegnù

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