Tutti mi chiedono notizie e novità, credono che a Torino io abbia fatto chissà quali cose e quasi mi vergogno di rispondere che in fin dei conti non è successo niente. Ma è vero? Provo a convincermi che sia così, però il fatto che a quest'ora della notte, (dopo essere appena rientrata a casa), piuttosto che andare a dormire sia qui a digitare questo post è alquanto significativo. Tra i rumori del mondo esterno, di serrature che si chiudono, di motorini che passano per la strada, di voci che si augurano la buonanotte; io sono seduta al tavolo della cucina, immersa in un buio disturbato solo dalla luminescenza dello schermo del mio notebook e penso. Provo a congetturare sempre sulle stesse cose, con la speranza che ne venga fuori qualcosa di illuminante, su parole sfuggite durante conversazioni oziose che involontariamente potrebbero svelare molto di più di quanto fosse prudente lasciare trapelare, su sguardi non raccolti e frustrati da questo mio perenne abbassare gli occhi, su errori per i quali adesso non è più possibile fare ammenda. Se fossi capace di trovare soluzioni e spiegazioni forse potrei dormire, ma non sono in grado di farlo e mi tocca usare il caldo come capro espiatorio e accusarlo per quest'insonnia persistente...
Sono una grafomane impenitente: se sono felice scrivo, se sono arrabbiata scrivo, se sono triste scrivo.
Scrivo perché mi viene naturale. Scrivo perché per me è più facile che parlare. Scrivo perché non sono capace di confidarmi altrimenti. Scrivo per passare il tempo. Scrivo per documentare i momenti salienti. Scrivo quando mi annoio. Scrivo quando sono piena di entusiasmo. Scrivo come forma di auto-analisi. Scrivo per lanciare messaggi in bottiglia, che - chissà! - potrebbero spiaggiarsi su rive sorprendenti.
Di professione sono una penna mercenaria: mi presto a creare per denaro qualunque tipo di testo su qualsiasi argomento. Ma il sogno è, un giorno, riuscire a scrivere per lavoro solo di ciò che voglio e che m'interessa.
Nel frattempo, quando ne sento la necessità, scarico un po' di zavorra cognitiva ed emotiva nella mia stanzetta viola virtuale, lo spazio più intimo e, allo stesso tempo, quello più pubblico che ho.
Perché metto i miei pensieri in piazza? Perché, per paradosso, comunicare con il mondo è meno imbarazzante che farlo a tu per tu.
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