E sorridiamo all'umana tristezza
Oggi è Natale.
Le maschere celano volti e soffocano sorrisi. Il simile che ci passa accanto non è più fratello, bensì potenziale nemico. La stretta di mano è un attentato. L'abbraccio un'avviluppante minaccia. Il bacio una biasimevole abitudine antigienica del passato.
Festeggiamo la Luce. Che sia il Sole pagano che rinasce, il Dio cristiano che si incarna e irrompe nella Storia o solo i baluginii delle luminarie festive, poco importa. Celebriamo il bagliore nel cupo dell'inverno. Ma ipocritamente abbiamo il buio dentro, l'ombra nel cuore e un'aridità di spirito che da troppi mesi sempre più ci dissecca e sclerotizza. La facoltà di amare è atrofizzata. Il desiderio velleitario - quella voglia asfissiante d'impossibile - è soffocato come una smania volgare, di cui è a malapena opportuno vergognarsi. Solo l'attaccamento alla mera esistenza è permesso. Solo la strenua difesa della semplice costanza in vita è degna d'essere perseguita. Anzi, di più, lodata. Eletta a somma virtù perfino.
Tuttavia, in questi giorni insignificanti, affastellati come cianfrusaglie l'uno sull'altro, resta la Bellezza. Fantastica. Vertiginosa. Immortale. E tanto basta. O può bastare. Senza altro scopo, senza altra prospettiva che essere esclusivamente reperto anagrafico non ancora depennato dal quotidiano, la Bellezza è l'unica possibile Weltanschauung, l'unica teleologia, la sola Stella Polare superstite.
Listening to:
Uragano Vite - Marco Parente
Etichette: Personale, Riflessioni
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