lunedì, febbraio 04, 2008

Io. Fuori di me.

E' difficile, impossibile, smettere di appartenere a delle idee, quando farlo significherebbe smettere di appartenere a noi stessi. Quando queste idee sono talmente ancorate sotto la pelle da non riuscire più a distinguere cosa sia parte del nostro corpo e cosa no, quando diventano fisiologiche e anche solo immaginare di respirare ancora dopo averle estirpate suona come la più criminale delle bestemmie.
Se mi osservo dall'esterno mi sembra di vedere un'invasata, mentre mi ascolto ripetere che spesso non riconosco i miei esatti confini corporei: come faccio a non capire, a non percepire che la punta delle dita è il limite ultimo di ciò che sono? E non è un'allucinazione panica: non credo di essere omogeneizzata nel tutto. Neppure lo desidererei. Ma a volte sento che c'è qualcosa di me che cammina su altre gambe, guarda con altri occhi, sorride con una smorfia diversa. E' qualcosa che mi appartiene e a cui appartengo. E non è mio. Non sono io. Eppure, eppure, sì, lo sono, è mio, deve esserlo, e mi sento mutilata perché non riesco ad inglobarlo nel mio stesso corpo. L'impossibilità di questa introiezione dell'oggetto anelato, mi inchioda senza pietà ad una stasi nevrotica, in cui passato e futuro sono solo appendici identiche ad un presente piatto e atemporale. Che io riseca a scrivere di ciò è perfettamente inutile.

Listening to:
Hit the switch - Bright Eyes

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