C'è chi scrive per cauterizzare le ferite e chi per riaprirle. Solo per sentirle ancora una volta bruciare, per essere sicuro che siano ancora lì, infette come vorrebbe rimanessero per sempre. Ogni taglio è una pietra miliare: chi è bravo a trasformare lo squarcio in cicatrice, può dire di aver compiuto un percorso. Chi vede - e si compiace - il sangue che affiora ancora, è sempre inchiodato al solito posto e il resto si muove attorno a lui come lo scenario a manovella di un film anni '30.
Che assurda perversione! Tuttavia a volte non esiste nulla di più piacevole di scavarsi le carni con una forchetta dai rebbi ben appuntiti. Si tratta di mettersi alla prova, di testare le proprie sensazioni: se provoca ancora dolore, importa ancora; in caso contrario è solo un'altra cianfrusaglia emotiva e lo scorno nello scoprirlo rischia di essere asfissiante.
Etichette: Personale, Riflessioni
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