Un uomo tutto vestito di nero, seduto su una sedia accarezza la sua chitarra. E subito, (non ho avuto neanche il tempo di invocarla silenziosamente), eccola. Ho bevuto ogni singola parola ed ogni nota con le lacrime agli occhi. Da parecchio non l'ascoltavo più e quasi non me la ricordavo, sommersa da anni di altra musica e di altre parole, ma dopo le prime due note ogni distanza era annullata e la voce di quell'uomo risuonava familiare ed addomesticava le resistenze del mio cuore. Esattamente come nel 1999, la prima volta in cui l'ascoltai. Credo fosse in un programma di Fazio. Il pezzo è ovviamente precedente, ma fu allora che io lo scoprii. E fu immediatamente così mio. Ci sono milioni di canzoni indubbiamente più belle, ne sono ben consapevole, ma allora era la cosa giusta al momento giusto. Quell'invocazione era anche la mia invocazione. Una cascata di pensieri disordinati mi ha travolta ad ogni frase anche stasera, non solo allora.
"...ma lei
chinava il capo poco
per salutare in strada
quelli colpiti
da stupore
da lì
si rifletteva chiara
in una tazza scura
in una stanza più
sicura
ma no
non voglio esser
solo
non voglio esser
solo no
non voglio esser solo mai..."
Listening to:
Le ragazze di Osaka - Eugenio Finardi
P.S. Non lascio questo blog, gli sono troppo affezionata...
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