Sarà colpa del jet lag, non so, ma ultimamente sono un po' confusa. Eppure sono tornata da quasi una settimana.
Dagli Stati Uniti mi sono portata un sacco di cose materiali e non. Dal Texas un raccapricciante vestito stampato di maglina comprato per disperazione e stringente necessità. E l'umidità più appiccicosa che si possa immaginare. Le emozioni della prima volta in vita mia in cui sono andata a cavallo e l'odore del pancake caldo con il ciuffetto di burro che si scioglie in cima. Il punch, i waffle e i fiori di bouganville. New York, poi, è stata una rivelazione anche se il caffè americano è una brodaglia disgustosa. La 5th Avenue è una lunghissima vetrina sul mondo: ci trovi qualunque cosa, qualunque negozio si possa immaginare. La Statua della Libertà ha lo stesso profilo di Paul Newman e non me ne ero mai accorta fino a quando non l'ho vista con i miei occhi. Il ponte di Brooklyn è pieno di cavi sospesi, come se l'avesse costruito Spiderman spruzzando le sue ragnatele. Al World Trade Centre c'è ancora la voragine dove una volta sorgevano le due torri: un immenso buco quadrato e spaventoso, attorniato da costruzioni altissime su tutti e quattro i lati. E mi sono resa conto che quel giorno di settembre deve davvero esserci stata una scena simile all'Apocalisse: fuoco e polvere e macerie e cadaveri. Fino a quando lo si vede in televisione non se ne ha piena consapevolezza.
Brodway e Times Square sono un turbinio di luci e di colori e cartelloni giganteschi. Non sai dove guardare prima e quando vedi la manona che regge l'insegna del museo delle cere pensi che sia il massimo, poi giri un po' lo sguardo e accanto c'è l'Odditorium, un posto che se avessi avuto 15 anni in meno avrei creduto essere la porta del Paese dei balocchi, o del Paradiso. Poi in una palazzina scalcinata c'è il teatro del Late Show with David Letterman, dove negli ultimi quindici anni è passato chiunque conti nel mondo dello spettacolo. Central Park è immenso e affascinante e sembra fuori dal tempo...
Ci vorrebbero ore ed ore per scrivere di ogni cosa che mi è rimasta nel cuore e impressa al fondo della retina: la caserma dei pompieri che è stata il quartier generale dei Ghostbusters, Tiffany con le vetrine in cui si specchiava Audrey Hepburn all'inizio del film, il Grand Central Terminal in cui si conclude Carlito's Way e, soprattutto, la casa dei Tenenbaum...sì, ho toccato il cancello sul quale Richie si arrampicava per rientrare a casa dopo il tentato suicidio!
E poi sappiate che ho comprato Armchair Apocrypha e Andrew Bird & The Misterious Production of Eggs per nutrire ancora di più la mia ossessione per il polistrumentista e cantautore di Chicago. Ormai mi ci vuole un esorcista...
Listening to:
Tables and chairs - Andrew Bird
Etichette: Foto, Personale, USA, Vacanze
5 Comments:
Finalmente l'arcano fu svelato...Grazie mille per la cartolina un abbraccio by Mimmo
Mimmo, scusa, credevo di aver risposto al tuo sms...è che con questo cavolo di fuso orario sono andata un po' nel pallone...
Finalmente hai aggiornato il blog...mi mancavi troppo!!!
Altro che fuso orario...io mi sento rincoglionita anche se non mi muovo dall'Italia...bacio bacio...e...evviva l'espresso!!! valina
No problem figurati. Grazie ancora bax mimmo
Mary! Nella grande Mela 6 stata? Troppo bello! Pure davanti al palazzo della caserma dei Ghostbusters... Troppo fico. Mi immagino che ne avrai viste di cose. Aspetto qualche altro post per avere notizie degli USA da un occhio fidato.
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