giovedì, aprile 14, 2022

Giorni indefiniti. Una vita di frenate e false partenze, slanci e ripensamenti, che sembra l'abbozzo di qualcosa di cui non si riesce a predire l'esito. E da mesi, se non da anni, la sensazione che si accumulino segni su segni, coincidenze che appaiono come navette diligenti intente a tessere una trama nell'ordito scheletrico dell'esistenza. Il sentore che sia la gestazione di qualcosa di cui non si sa ancora intuire neppure il disegno. Un lancio alla cieca che rende impossibile prevedere la traiettoria e il punto d'impatto. O forse solo l'illusione che da qualche parte arrivi una chiamata fatale, la vocazione attesa e disperatamente desiderata con ridicola perseveranza nonostante i cambi di calendari. Come in certi pomeriggi indolenti dell'adolescenza, in cui si fantasticava il futuro e lo si sentiva indecifrabile come un quadro di Max Ernst, confidando tuttavia che sarebbero arrivate risposte e si sarebbe trovato il proprio posto nel mondo. 

E invece oggi, a un passo dalla mezza età, in mano resta ancora solo un pugno di mosche e nello stomaco un fastidio urente che è un quarto nostalgia, un quarto delusione, un quarto smania e un quarto terrore. Una vita amorfa. La velleitaria e magnifica cattedrale di sogni e fantasticherie di un'anima pavida e rinunciataria, che se dovesse descriversi si troverebbe in un imbarazzante stato di afasia. 

Se nella ghianda è già contenuta la quercia, della mia mi sembra di non essere in grado di dedurre alcun contorno. Il mio codice dell'anima mi appare inintelligibile. Come una conversazione telefonica in cui è tanta l'interferenza e il rumore di fondo che non si riesce a comprendere nemmeno una sillaba. Così l'impressione è che non possa fare altro che mancare il mio destino e disertare me stessa. E allora torno qui e scrivo, come sempre da oltre quindici anni, cercando di strapparmi fuori in un impossibile tentativo di auto-maieutica parole che possano aiutarmi ad aumentare la nitidezza di un'immagine in cui a occhio nudo non si vedono altro che macchie indistinte. 

Se solo fosse possibile fare come il barone di Münchhausen ed essere capaci di salvarsi da sé dalla palude tirandosi su per i lacci dei propri stivali!  


Listening to: 

Il mare verticale - Paolo Benvegnù

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