Il volto nello specchio
Questa faccia strana e un po’ infantile, egemonizzata da un paio d’occhi decisamente grandi e storpiata da una dentatura sui generis, quanto l’ho odiata! E quante volte insicura ne ho studiato il riflesso, osservandone per ore i particolari, analizzandone le espressioni per capirne i meccanismi, per provare a imparare a non arrossire (esperimento fin qui fallito), per verificare quanto lasciasse trasparire oltre la pelle. Ho scrutato di tutto allo specchio - la gioia, il dolore, il pianto, la timidezza… - nel tentativo (vano?) di intuire cosa vedono gli altri quando guardano me.
Dopo quasi quattro decadi ho imparato ad accettarla per quel che è e non vorrei più cambiarla. No, ormai nemmeno il sorriso sgangherato mi disturba, nemmeno il naso o le perenni occhiaie né la spruzzata di lentiggini sugli zigomi. Se dicessi che mi piaccio, mentirei. E non si spiegherebbe perché, se qualcuno mi fissa, mi prende subito il terrore d'avere qualcosa fuori posto. Col tempo mi sono però affezionata alla mia immagine, a questa faccia bambinesca e non ancora sgualcita, che si adatta bene alla mia sostanziale inesperienza del mondo. A questi occhi che sembrano perennemente spalancati, appropriati per una che è sempre incline allo stupore e all’entusiasmo appassionato, specie per ciò che non porta successo o denaro o prestigio. Per una che, come i più piccoli, ha conservato il piacere di fare le cose solo per il gusto e non per l’utile. Lo slancio gratuito è la sola grazia che possa offrire e la dedizione appassionata è la migliore qualità che mi riconosco. Non so se tanto basti a giustificare una faccia come la mia, a nobilitarla, ma è diventato sufficiente per me e va bene così.
Listening to:
Una faccia in prestito – Paolo Conte
Etichette: Personale, Riflessioni
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