Mise en abyme
Giorni che sembrano la versione in sedicesimo della vita stessa: un inconcludente stillicidio di minuti, che colano distrattamente come gli orologi di Dalí, senza aver raccolto neppure una reale soddisfazione. E le ore e gli anni si affastellano in un perenne affaccendarsi attendendo a compiti di banale quotidianità per soddisfare le necessità spicciole, che immancabilmente si rinnovano come l'appetito di bestie insaziabili. Ogni mattina ci si sveglia per rifare le solite cose in questa esistenza angusta e a dispetto di tutto routinaria, schiava di una sequela di riti apparentemente ineludibili a prescindere da ciò che accada. Eppure non ci sarebbe miglior momento di questo - quale occasione più adatta? - per stravolgere la ripetitiva monotonia. Ma la coscienza azzanna come un lupo già per un piatto lasciato sporco nell'acquaio prima di andare a dormire, figurarsi se è possibile sorvolare su supposti doveri di ben altra gravità. La compulsione è il mio sistema operativo che non può essere hackerato. Ogni macchia va subito tolta, ogni briciola deve essere spazzata via all'istante e su su fino alle cose più importanti niente sembra possa essere tralasciato o delegato, come se da me stessa non potessi pretendere nient'altro che l'essere sottomessa e mite bestia da soma.
Listening to:
Sea song - Robert Wyatt
Etichette: Personale, Riflessioni
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