Essere capace di rischiare il ridicolo. Accettare la possibilità di incespicare. Non aver paura di lasciarmi spettinare. Concedermi anche di essere imbarazzante, grottesca, disgustosa, patetica, volgare. Prendermi la libertà di disturbare. Deludere qualcuno solo per il gusto di poterlo rivendicare. Essere indulgente con me stessa e permettermi di non espiare. Forse perfino abbandonarmi a una sguaiata frenesia da baccante. Vivere una parentesi, almeno una, di scalmanato invasamento in cui dare sfogo a tutto quello che da sempre è stritolato da una camicia di forza di decenza e compiacenza. Smettere di obbedire, di sbracciarmi e darmi da fare, di rispondere signorsì a ogni richiesta, di appaltare il mio tempo e la mia attenzione a chiunque. Impegnarmi ad avere almeno un rimorso che interrompa la catena infinita dei rimpianti. Essere rotondamente me stessa, accogliendo la prepotenza contundente della mia Ombra, quell'alterità che non è estraneità bensì costituente. Compiere le mie possibilità e il mio destino, come può solo chi non ha niente da difendere né da ossequiare. Piangere non più di frustrazione, ma come un rito di liberazione, in cui con le lacrime si purga lo spirito dalle sovrastrutture e da quell'acqua battesimale rinascere, dopo trentotto anni, finalmente integralmente me stessa. Essere e basta. Senza dovere e senza garbo. Senza tutte le inibizioni in nome della reputazione propria e del rispetto dovuto ad altri. Senza camminare sulle punte per essere alta quanto le aspettative richiedono.
Listening to:
Idioteque - Radiohead
Etichette: Personale, Riflessioni
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