Sarà il vento, o saranno i fiori di pesco, ma ho l'impressione che qualcosa stia per accadere. Sento una specie di urgenza, di fretta, di frenesia. Mi fa l'occhiolino nello sfarfallio della luce a neon dell'ascensore.
Sono una grafomane impenitente: se sono felice scrivo, se sono arrabbiata scrivo, se sono triste scrivo.
Scrivo perché mi viene naturale. Scrivo perché per me è più facile che parlare. Scrivo perché non sono capace di confidarmi altrimenti. Scrivo per passare il tempo. Scrivo per documentare i momenti salienti. Scrivo quando mi annoio. Scrivo quando sono piena di entusiasmo. Scrivo come forma di auto-analisi. Scrivo per lanciare messaggi in bottiglia, che - chissà! - potrebbero spiaggiarsi su rive sorprendenti.
Di professione sono una penna mercenaria: mi presto a creare per denaro qualunque tipo di testo su qualsiasi argomento. Ma il sogno è, un giorno, riuscire a scrivere per lavoro solo di ciò che voglio e che m'interessa.
Nel frattempo, quando ne sento la necessità, scarico un po' di zavorra cognitiva ed emotiva nella mia stanzetta viola virtuale, lo spazio più intimo e, allo stesso tempo, quello più pubblico che ho.
Perché metto i miei pensieri in piazza? Perché, per paradosso, comunicare con il mondo è meno imbarazzante che farlo a tu per tu.
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