Pur attorniata da un manipolo di detrattori, continuo a sostenere con forza il valore de L'Insostenibile Leggerezza dell'Essere di Kundera. Perché è troppo comodo vederlo solo come un coacervo di oscenità. O un prodotto falsamente sperimentale ed autocompiaciuto. Signori, in questo romanzo c'è ben altro: c'è la storia, c'è la filosofia e c'è una riconsiderazione della letteratura. Avete presente Nietzsche e l'eterno ritorno? E Parmenide, con le sue teorie su leggerezza e pesantezza dell'essere? Ecco, è proprio di questo che si occupa Kundera e scrive il suo romanzo come se si trattasse di un eccentrico incrocio tra saggio filosofico, esperimento scientifico e narrazione. Egli prova a dimostrare la fondatezza della tesi di Parmenide, poi criticata da Nietzsche, secondo cui la leggerezza dell'essere - il disimpegno, poiché la vita è caduca - è preferibile al suo contrario. Ma lentamente, mentre procede nel proprio argomentare Kundera si accorge di una cosa: che questa vita privata di ogni responsabilità e impegno è un fantasma di vita, un abbozzo incompleto, una cosa tanto volatile da essere insignificante e che, dunque, la leggerezza spinta alle sue estreme conseguenze non è meravigliosa, bensì insostenibile.
E voi cosa scegliete? Di sopportare "il più pesante dei fardelli", o di volteggiare nell'etere?
Listening to:
Tereza and Tomas - Bright eyes
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1 Comments:
volteggiare nell'etere
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