domenica, giugno 01, 2008

Il divo

Mi ci sono volute più di ventiquattro ore per metabolizzare "Il divo" e poterne scrivere. Ieri pomeriggio, ore 17.20, sono uscita dal cinema estasiata ed entusiasta al punto tale che parlavo a vanvera e quasi barcollavo in un delirio di fascinazione assoluta. Sorrentino con questo film si assesta sempre più saldamente nel Pantheon dei miei registi preferiti, e ancora più saldamente in quello degli uomini non belli, ma che sposerei all'istante.
Fare un film su Giulio Andreotti era rischiosissimo, perché si trattava di raccontare dell'uomo che più di ogni altro ha rappresentato e rappresenta la politica dell'Italia repubblicana, che siede in Parlamento da sedici legislature (cioè dalla prima a quella attuale), ed è contemporaneamente amato e odiato, un uomo discusso e indubbiamente, forse inevitabilmente visti gli incarichi ricoperti, controverso, un uomo ieratico e distaccato, un atarassico dotato di uno humor sottile e tagliente degno di un epigrammatico di razza. E andava raccontato senza fervore partigiano e derive didascaliche, ma senza neppure cedere alla tentazione di parlare di questo gigante della politica facendosi schiacciare dal timore reverenziale e cadendo nella pura oleografia.
Per narrarci del Divo Giulio, Sorrentino ha scelto la via accidentata dell'epopea iniziando medias in res come nella migliore tradizione classica: Andreotti si prepara a ricevere il mandato come Presidente del Consiglio per la settima (ed ultima) volta e coltiva il sogno di salire al gradino più alto della piramide istituzionale coronando la propria carriera politica con l'ascesa al Quirinale. Un uomo di potere e di successo, insomma. Ma la prima immagine che Sorrentino ci dà dell'eroe è l'immagine grottesca di un uomo assediato dall'emicrania e da fantasmi tormentosi di un passato impossibile da dimenticare. E si capisce immediatamente che il giovane regista non ha rifiutato la sfida di provare a mostrare le contraddizioni e le sfumature dell'uomo e del politico. E per raccontare questo enigma si è avvalso della collaborazione del sempre ottimo Toni Servillo (altro uomo nel Pantheon dei "non belli che sposerei all'istante"; per la cronaca gli altri sono: Roberto Saviano, Wes Anderson e Nick Hornby), che incredibilmente si metamorfizza in un Andreotti più pingue di quello vero e dal volto meno incavato, ma non per questo meno credibile. Il tono acuto e il volto imperturbabile sono la cifra del personaggio e le mani, sulle quali siamo invitati a focalizzarci fin dall'inizio prima dalla locandina, poi dalle parole della segretaria Enea (Piera Degli Esposti, che ho rivisto sullo schermo per la prima volta dopo averle consegnato personalmente nel 2004 un premio al Festival "Polis" di Milazzo - e aver ricevuto da lei una carezza ed un lusinghiero "ma quanto sei bellina?!" - e la cosa mi ha molto emozionata perché ho riconosciuto cose che avevo visto con i miei occhi; per esempio quello sguardo inquieto e vagante che non è un artificio da interprete ma è suo: è lei, è proprio così!).
Tutti i personaggi che ruotano attorno al Divo Giulio (perfettamente interpretati dai vari Bonaiuto, Buccirosso, Bosetti, Bucci, ecc.) sono comprimari, cortigiani reverenti o avversari che la storia cancellerà, mentre lui, l'uomo fragile che avrebbe dovuto morire giovane, rimarrà. Perché sa mettere tutti a tacere con un'ironia sferzante, sotto la minaccia di svelare i contenuti del suo vastissimo archivio, con la sua erudizione e la sua astuzia e con il timore che la sua figura imperturbabile è in grado di suscitare. E sa essere magnanimo e distribuire elemosine, giocattoli e viveri ai propri elettori bisognosi, da vero monarca.
Ma ci sono anche le ombre. L'uomo di successo si "sporca" per caso o per necessità attorniandosi di "amicizie" discutibili ed entrando dalla porta o dalla finestra in tutte le pagine più nere della storia d'Italia del dopoguerra (diverse volte c'è l'elenco completo delle morti misteriose o violente alle quali è stato negli anni associato il nome di Andreotti), tranne Tangentopoli che colpirà molti anche tra quelli della sua corrente, ma che non lo scalfirà neppure. Ci sono Riina e la mafia e Salvo Lima, quelle contiguità sospette e inquietanti. E sporcandosi l'uomo di successo inizia a scivolare su un piano inclinato che lo vedrà deluso nel suo sogno di ottenere la Presidenza della Repubblica, che invece sull'onda del clamore suscitato dalla morte di Giovanni Falcone andrà all'immacolato Scalfaro.
Come se non bastasse essere capaci di raccontare una storia così senza essere eccessivamente documentaristici o ciecamente feroci, Sorrentino riesce a darci un'opera bella anche esteticamente. Una fotografia bellissima e un ritmo alternativamente lento e veloce, più un paio di scene cupamente toccanti, rendono il film un piacere anche per gli occhi, non solo per le meningi.
Alla fine il giudizio sull'uomo e sul politico è lasciato allo spettatore che ricava l'impressione di avere trascorso due ore dentro un mondo sporco e controverso, ma anche affascinante, in cui il potere poteva essere conquistato e detenuto solo con astuzia, arguzia e cultura, mentre adesso per tutto questo bastano soldi, ex-soubrette, televisioni, insulti e sgrammaticature.

Listening to:
Imitosis - Andrew Bird

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9 Comments:

Blogger stefano said...

La voglia di vederlo era giá tanta, ma dopo questa megarecensione, mi sa che prendero' l'aereo piu' economico per l'Italia per andare a vederlo... grazie, baci...

02 giugno, 2008 12:02  
Blogger Marco said...

>. Sorrentino con questo film si assesta sempre più saldamente nel Pantheon dei miei registi preferiti, e ancora più saldamente in quello degli uomini non belli, ma che sposerei all'istante.


Fammi capire, loro dirigono o recitano in opere di interesse culturale o artistico rilevante, e tu per premiarli concedi la tua mano?
Funziona così?

Mmmh... interessante.
Vado a chiudermi in casa per concepire l'opera artistico-sociale DEFINITIVA in grado di indurti istantaneamente ad abbandonare il celibato.

02 giugno, 2008 20:55  
Blogger Marco said...

Comunque, lasciando perdere il tuo celibato, Il Divo è veramente un gran film, anzi, è una boccata d'aria nuova nel nostro cinema, uno dei più graditi regali inaspettati di questo fine primavera dominato tristemente dal governo Berlusconi e dai raid anti-immigrati ( l'altro gioiellino-regalo è Gomorra ).
D'altronde bastava vedere le opere precedenti di Sorrentino e Garrone per capire che era gente con gli attributi. Solo che non mi aspettavo da loro così tanto. Per fortuna, c'è ancora qualcuno che stupisce e onora il nostro paese col proprio impegno e qualità.

02 giugno, 2008 21:00  
Blogger festina_lente said...

Non è che volessi fare la "tempera supposte", ma sai mi secca un po' che addirittura si metta in dubbio la mia femminilità. Freud avrebbe avuto molto da dire su questo tuo lapsus...e io mi ritengo formalmente offesa, ecco!

03 giugno, 2008 01:29  
Blogger Marco said...

>Freud avrebbe avuto molto da dire su >questo tuo lapsus...e io mi ritengo >formalmente offesa, ecco!

Freud ( e Sherlock Holmes ) possono annoverarsi tra i pochi cocainomani privilegiati della storia, ai quali, durante i momenti di trip assurdo, nessuno si azzardava mai a dire: " Ma piantala di sparare scemenze e chiudi il becco, di cosa ti sei fatto, drogato di merda? " ma al contrario " Affascinante! Continui pure, dottore! ".

Detto questo, vado a coglierti dei rarissimi fiori di stella alpina che possano celebrare la tua femminilità, in modo da porre formalmente scusa per il mio lapsus inopportuno!
Però non aspettarmi troppo, forse morirò nel tentativo, sbranato dagli orsi... :(

" Se qualcuno ruba un fiore per te, sono due anni di reclusione ai sensi del Codice Penale ".

04 giugno, 2008 00:10  
Blogger Marco said...

Oppure, per farmi perdonare, ti dedico tutte le canzoni di Fiorella Mannoia e Grazia di Michele sul tema " Femminilità".
Comprese quelle che poi sono finite come jingle delle pubblicità del dado knorr.

04 giugno, 2008 00:11  
Blogger festina_lente said...

Oddio no, le canzoni della Mannoia e della Di Michele noooo! Pietà!!!

E comunque, sai che non ho MAI ricevuto neppure un misero fiore selvatico raccattato da un'aiuola? Ma in che mondo viviamo, dico io!

04 giugno, 2008 00:38  
Blogger Marco said...

>E comunque, sai che non ho MAI ricevuto neppure un misero fiore selvatico raccattato da un'aiuola? Ma in che mondo viviamo, dico io!

Perché quelli che li avevano rubati per te sono stati acciuffati dalla polizia prima di consegnarteli.

E comunque: " Siamo cosììì, è difficile spiegare, certe giornate amare, lascia stare... "
Quando l'ascolto mi sento un po' donna anch'io.

Seriamente, la mia canzone preferita che incarna l'idea di femminilità che piace a me è " Virtue ", di Ani di Franco.
Ma non te la dedico. Non c'è tempo, devo partire a lottare con gli orsi...

04 giugno, 2008 02:03  
Blogger festina_lente said...

Questo spazio commenti sta diventando una chat...forte!

04 giugno, 2008 08:17  

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