Quasi due anni senza passare da qui. Un biennio intenso e caotico, di quelli in cui la vita è sempre un passo più avanti e bisogna rincorrerla. E il rischio, nella foga di inseguire, è lasciare indietro troppe cose, dimenticare.
Leggere e non avere più il tempo di riflettere, né di dialogare. Scrivere, scrivere, ma sempre parole non tue. Scoprire che le parole possono diventare un mestiere, nel vero senso del termine, una cosa da montare e smontare senza starci troppo a pensare, come in fabbrica.
Ma scrivere sul serio, si può farlo solo per diletto: ecco perché spesso la migliore opera di un autore è la prima, quella nata solo per il proprio compiacimento, come una specie di atto autoerotico. Il grande scrittore, quello che riesce a sopravvivere alla sua opera prima e crearne altre altrettanto belle (o anche di più), non è colui che sa parlare a tutti, al di là del tempo, ma colui che non smette mai di parlare a se stesso, che non scrive pensando al giudizio dei propri lettori, dei critici o del proprio editore, ma cerca solo di darsi piacere da sé.
Questa 'stanza' viola è un monumento al mio solipsismo. La lascio qui per ricordarmi che c'è stato un tempo felice in cui ho scritto solo per il morboso piacere di scrivere.
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