sabato, febbraio 28, 2009

Anticipazioni di primavera

Osservo i trifogli verde tenero, ospiti non graditi ostinatamente rispuntati nei vasi di mia madre nonostante i suoi costanti sforzi sterminatori, che tremano languidi all'ombra delle piante e le lenzuola stese nel palazzo di fronte, che garriscono al vento come bandiere e proiettano un'ombra danzante, ora sottile e precisa come una lama, ora gonfia come una vela. Provo un sentimento di fratellanza. Anch'io mi muovo, sebbene impercettibilmente.

Listening to:
Le solite cose - Cristina Donà

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venerdì, febbraio 27, 2009

21(mila) grammi

"Come un mare di seta,
rosso fuoco d’autunno,
io brucio.
E protette dal sonno dentro me muoveranno
lentamente le fiamme.
Io non so controllare quest’ansia criminale di vivere.
C’è qualcosa più grande di me.
E' qualcosa più grande di me...più grande di me.
Io non riesco a parlare e nemmeno a svenire.
Io brucio.
Io non riesco ad uscire da me e non mi basto.
Io brucio.
Sono come una foto sfocata, sbagliata, malriuscita.
Io brucio. Brucio. Brucio.
C’è qualcosa più grande di me.
È qualcosa più grande di me...più grande di me.
Io non riesco ad uscire da me e non mi basto.
Io non riesco ad uscire da me e non mi basto.
Io non riesco ad uscire da me e non mi basto
e brucio. Brucio. Brucio..."


Perché mai, nonostante un corpo tanto leggero, la mia anima deve pesare una tonnellata? Portarsela appresso è tremendamente faticoso, sfiancante, al punto che a volte vorrei tanto potermela sfilare, ripiegarla distrattamente e abbandonarla in fondo ad un cassetto, anche solo per poche ore, per assaporare finalmente una sensazione tiepida e inebriante di facilità e di fiducia. Non sentire più l'ingombro di questo terrore idiota e immotivato che sempre mi attanaglia, né il panico che mi assale nei momenti in cui dovrei svelarmi o lasciarmi svelare. Resistere all'istinto di fuggire sistematicamente davanti alle cose belle che mi succedono per paura che improvvisamente si rivelino essere solo delle semplici fantasie, delle illusioni consolatorie che la mia mente ha partorito per edulcorare la durezza della realtà, oppure per il senso d'indegnità che provo ininterrottamente, come se non meritassi nulla più di questa penalizzante marginalità rispetto al resto del genere umano. Non temere (sempre e comunque) di stare fraintendendo, o peggio deliberatamente travisando, i segnali che provengono dall'esterno e finirla di essere diffidente, incredula e di pensare di sbagliarmi, fermamente convinta come sono che sia fin troppo ovvio che niente di buono possa mai accadere proprio a me. Liberarmi momentaneamente dall'idea di essere uno degli esemplari peggio riusciti nell'intero campionario dell'umanità e, soprattutto, sgonfiare un po' l'ipertrofia patologica e molesta dei miei pensieri. Smettere di vivere in apnea, respirare a pieni polmoni, come non ricordo di essere mai riuscita a fare. Inspirare fino all'estremo, fino a percepire qualcosa in petto che cede, che quasi si spezza, espirare, ricominciare da capo e poi ancora e ancora e ancora, fino ad ubriacarmi d'ossigeno.

Listening to:
Brucio - Paolo Benvegnù

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giovedì, febbraio 26, 2009

"Pensi mai al futuro, Linus?"

C'è una striscia dei Peanuts in cui Charlie Brown chiede a Linus come pensa che vorrebbe essere da grande e l'amico, come suo solito, dà una risposta saggia e lapidaria.
Io ho sempre sperato la stessa cosa, si può dire che sia il mio unico desiderio, ma l'evidenza di tanti anni vissuti esattamente all'opposto mi sta convincendo che sia del tutto impossibile da realizzare, almeno per me.

Listening to:
One hundred days - Mark Lanegan

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mercoledì, febbraio 25, 2009

Finestra

"Non la vedi, non la tocchi, oggi la malinconia?"

Il cielo è di nuovo bianco, come ricoperto da una membrana spessa di lattice, e sembra senza nuvole solo perché ne è completamente tappezzato e non si riconoscono più i confini tra l'una e l'altra. Troppo chiaro e immobile per dire che sia triste e troppo opaco per aver voglia davvero di guardarlo.
Uno stato di sospensione raggelata ha imbrigliato la baldanza primaverile che negli ultimi due giorni era sgattaiolata tra le maglie dello strascico troppo lungo di quest'inverno. Quasi un invito a riconsiderare alla luce smorzata del pessimismo l'intera realtà circostante e quest'inquietudine che resta sempre a galla e vorrà pur dire qualcosa.

Listening to:
Autogrill - Francesco Guccini

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martedì, febbraio 24, 2009

Metafisica


Ho sempre amato le riviste di moda. Non quei mensili femminili travestiti come tali, ma in realtà pieni di inutili consigli pratici, stupidi test e diete: mi piacciono le riviste di moda e basta. VOGUE, soprattutto. Forse è perché sono la nipote di una sarta, oppure perché fino a quattordici anni ho giocato con le Barbie, ma mi emoziona sinceramente vedere come un buon taglio, qualche piccolo artificio e delle cuciture sapienti possano dare struttura ad un tessuto, quasi contro ogni legge della fisica, oppure ricreare la fluidità dell'acqua o la consistenza impalpabile di una nuvola. E poi adoro le foto delle modelle, la loro bellezza eterea e senza difetti, quei corpi quasi privi di peso e di volume, che sembrano anche essere estranei alle comuni necessità e ai comuni bisogni. Corpi negati, che paiono solo un pretesto per portare in giro la bellezza, incidentalmente reali, come quelli delle ballerine di Degas: non sono un fine, del tutto un mezzo. In pratica, la rappresentazione a colori e bidimensionale del sogno meraviglioso e irrealizzabile di essere finalmente cavati dall'impaccio di essere umani.

Listening to:
Shooting star - Elliott Smith

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lunedì, febbraio 23, 2009

Insonnia

Non dormo. Ascolto il silenzio perfetto della casa e del palazzo e della strada e mi sento così tremendamente sola e impaurita, come se fossi l'ultimo essere vivente rimasto sulla terra, l'ultima entità che produce rumore. Allora mi rifugio nella musica come in una preghiera.

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Water & Air - Cat Power

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domenica, febbraio 22, 2009

La relatività in pillole

La rivoluzione scientifico-filosofica della prima metà del Novecento ha stabilito una vola per tutte che non esiste una realtà univoca, ma che vi sono tante realtà quanti sono gli osservatori. Eppure, ogni volta che ci si presenta qualche esempio lampante di tale concetto si resta sempre un po' sbigottiti.

Oggi ho potuto sbirciare due realtà non solo diverse, ma addirittura antitetiche: una specie di viaggio attraverso lo specchio. Il tutto nel giro di poco più di un'ora e credo di non essere stata l'unica. Ore 13.30, mi chiamano per il pranzo. Vado in cucina e intanto parte la sigla del TG1. Prima notizia: il Festival di Sanremo. Seconda notizia: Bonolis vero vincitore del Festival di Sanremo. Terza notizia: il grande successo della serata conclusiva del Festival di Sanremo. Quarta notizia: trionfo per Maria De Filippi, superospite (che brutta parola!) al Festival di Sanremo. Quinta notizia: quest'anno Sanremo ha contribuito enormemente alla diffusione della musica di qualità. Se non si avessero altre fonti di informazione, sembrerebbe davvero di poter dare ragione a Leibniz: viviamo nel migliore dei mondi possibili. Un mondo senza guerre, povertà, morte, disoccupazione, crisi economica, violenza, ecc. Un mondo, insomma, piuttosto noioso, in cui non c'è nessuna notizia da raccontare e la televisione, giocoforza, si limita ad essere autoreferenziale e compiacersi dei propri successi. In definitiva, un mondo versione TV Sorrisi e Canzoni: coriandoli, sorrisi smaglianti e facce da copertina patinata.
Peccato solo che basti prendere il telecomando e cambiare canale per confrontarsi con una versione ben diversa della realtà, nella quale il numero di luci, lustrini e
paillettes è drasticamente diminuito e le notizie sono di ben altro tenore. Ore 14.30, inizia il TG3 e già dai titoli sembra che si tratti di un telegiornale straniero: neanche il minimo accenno alla kermesse sanremese. Ma come? L'evento imprescindibile? Il clou dell'anno? In apertura, invece, c'è un servizio sul vertice europeo di Berlino contro la crisi, seguito da un altro sul congresso del PD, da un terzo su un incidente avvenuto in una miniera cinese, e così via. Fino ad arrivare all'ultima notizia ed ecco spuntare, finalmente, anche qua il famoso Festival della "canzone". Ti pareva che il TG3 potesse mancare così clamorosamente la notizia? Ma su, non scherziamo! Solo che c'è qualcosa di strano: il servizio inizia con l'esibizione del vincitore, ma senza audio. Possibile? Ci sarà di certo qualche problema tecnico. Poi, si sente la voce di Teresa Marchesi che dice (testuali parole): "questa è la canzone che ha vinto il Festival e secondo molti sarebbe meglio ascoltarla proprio così..." e, non contenta, rincara addirittura la dose, ricordando che tutto sommato poteva andare peggio e se non ci fosse stata la "creatura" di Maria De Filippi (casualmente madrina proprio della serata finale...), ci saremmo ritrovati con Povia trionfatore della gara con il suo pezzo su Luca, che poverino era gay ma per fortuna poi è "guarito".
Da questo punto di vista, beh, decisamente non sembra più il migliore dei mondi possibili.
Per amor di verità, va detto, però, che la seconda versione va presa con le pinze perché è noto che il TG3 nel mondo dell'informazione rappresenta una voce disfattista e che diffonde ingiustificati allarmismi. E poi, lo sanno tutti, è condotto da giornalisti
dark e gotici che inducono automaticamente i poveri telespettatori alla depressione...

Mi è venuta un'idea: si potrebbe chiedere a Paolo Bonolis di incaricarsi di salvare il TG3 così come ha fatto con Sanremo! Magari riuscirebbe a farsi prestare da Hugh Hefner qualche
playmate adeguatamente discinta anche per leggere il notiziario e lo share si impennerebbe e l'umore dei cittadini risulterebbe esponenzialmente migliorato.

Listening to:
Bessie Smith - Emily Jane White


P. S. Qualcuno là fuori, di grazia, è in grado di spiegarmi perché mi sia "impazzito" il widget di Anobii? Ho provato anche a "rigenerarlo", ma senza successo: continua a mostrare come "in lettura" un libro che ho già terminato...
P. P. S. Si offre impiego come correttore di bozze. Io ultimamente, oltre a fare un uso come sempre discutibile della punteggiatura, ho seri problemi di digitazione...

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sabato, febbraio 21, 2009

Una cosa alla volta

"In questa crema di buio senza pietà
come sola speranza di luce
la fiamma sottile, di fuoco,
di un accendino da poco.
Meglio che niente..."


Brancolo. Mi muovo a tentoni. Un centimetro alla volta, per non rischiare di fare cose che siano al di sopra delle mie limitatissime possibilità. Quella chimera che chiamano maturità mi è del tutto sconosciuta ed ogni cosa per me è sempre nuova, sempre stupefacente, sempre imbarazzante, sempre misteriosa, come se fosse la prima volta e, in fin dei conti, quasi lo è davvero. Ho fatto così poco, ho visto così poco, ma soprattutto ho vissuto troppo poco e quindi anche le cose facili mi sembrano assurdamente insormontabili. Non sono attrezzata per la vita reale più di quanto lo sarebbe un soprammobile, ecco la verità, per questo vedo sempre e solo difficoltà, complicazioni e buio pesto ovunque giri lo sguardo.

E, intanto, per fare un po' più di luce stamattina, contrariamente alle mie abitudini, ho deciso di non rifugiarmi nella penombra e tirare su la tapparella della mia stanza e lasciare entrare un po' di sole. Un piccolo passo simbolico.

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Meglio che niente - Pinomarino

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venerdì, febbraio 20, 2009

Ottimismo (?)

Ho messo il mio disco preferito per ricordarmi che la vera bellezza sopravvive al proprio artefice e un mondo che prevede una possibilità del genere non può essere così terribile come sembra.

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Grace - Jeff Buckley (tutto l'album...ce ne ho messo di tempo per scrivere queste poche righe!)

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giovedì, febbraio 19, 2009

L'eleganza del riccio


"Stasera, ripensandoci, con il cuore e lo stomaco in subbuglio, mi dico che forse in fondo la vita è così: molta disperazione, ma anche qualche istante di bellezza dove il tempo non è più lo stesso. E' come se le note musicali creassero una specie di parentesi temporale, una sospensione, un altrove in questo luogo, un sempre nel mai.
Sì, è proprio così, un
sempre nel mai.
Non preoccuparti, Renée, non mi suiciderò e non darò fuoco proprio a un bel niente.
Perché d'ora in poi, per te, andrò alla ricerca del sempre nel mai.
La bellezza, qui, in questo mondo."
(Muriel Barbery,
L'Eleganza del Riccio, pp. 318-319)

Queste ultime righe le ho lette con estrema fatica, cercando di interpretare i segni confusi che vedevo attraverso la spessa patina umida che ormai aveva rivestito i miei occhi e aspettava solo che arrivassi alla fine per potersi finalmente staccare e colare giù. Quindi ho richiuso il libro, l'ho stretto forte tra le mani gelate, mi sono raggomitolata su me stessa come un gatto e ho messo la testa sotto la coperta perché il mio pianto sommesso risultasse ancora più attutito e nessuno in casa potesse sentirlo. Tutti erano già a dormire e non mi piace disturbare. Ma, soprattutto, avrei detestato essere disturbata. Non sopporto che qualcuno mi interrompa quando mi abbandono ad una commozione autentica e non riesco a piangere "in pubblico".
Avvolta nel buio caldo della coperta mi è sembrato di sentire un rumore cadenzato, come di passi dentro il cervello, ma era solo il mio cuore che, traboccante d'emozione, si era messo a galoppare. Sono rimasta così per dieci minuti abbondanti, incapace perfino di pensare, inchiodata dalla sensazione rara e preziosa di aver letto qualcosa che raccontava allo stesso tempo
a me e di me. Pensavo di leggere un libro, invece stavo solo guardandomi allo specchio.

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Il Paese è reale - Afterhours

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mercoledì, febbraio 18, 2009

Campanelli d'allarme

Mi secca così tanto doverlo ammettere, eppure Freud aveva ragione: lapsus ed atti mancati, in quanto “finestre” che si aprono improvvisamente sul nostro inconscio, sono assai più rivelatori di ogni altro gesto che compiamo o parola che pronunciamo. Il problema è riuscire a capire esattamente che tipo di verità vogliano indicarci, il che non è sempre ovvio come si potrebbe supporre.
Io, per esempio, ultimamente devo essere gravemente turbata da qualcosa, altrimenti come spiegare il fatto che ieri abbia commesso non uno, ma ben due errori di ortografia? Proprio io, che non li facevo nemmeno alle elementari? Che amo le parole con un trasporto a volte un po’ esagerato e detesto la trascuratezza linguistica quasi più delle bestemmie? Dio sa se non preferirei sprofondare sotto terra piuttosto che dimenticarmi un apostrofo, e tuttavia è successo. E che ragione dare del fatto che lunedì mi sia completamente dimenticata della laurea di Corrado, quando di norma tengo a mente compleanni, onomastici e ogni altra ricorrenza - anche quelle più trascurabili - delle persone che mi stanno a cuore? Collegare tra loro i due eventi e tentare un’interpretazione è tutt’altro che facile, perciò sono ore che mi arrovello senza riuscire a cavare un ragno dal buco. Cosa avranno mai in comune l’ortografia e la laurea di un amico è un mistero che al momento mi appare insondabile. In realtà, ho formulato un paio di ipotesi (alcune non necessariamente di natura psichica), nessuna delle quali mi convince a sufficienza. Che siano i prodromi dell’Alzheimer, mi sento di escluderlo con ragionevole sicurezza: l’anamnesi familiare è negativa e, dato non trascurabile, ho solo venticinque anni. Ciò nonostante, qualcosa deve pur esserci: in fin dei conti, sebbene a prima vista possano sembrare incidenti di scarsa importanza, chi mi conosce bene sa che le probabilità che eventi del genere si verifichino tendono drasticamente allo zero e che, nel malaugurato caso in cui comunque occorrano, inezie di questo tipo bastano a rovinarmi completamente una giornata.
Ad ogni modo, pensando e ripensando si sono fatte quasi le 2.00 e ho l’impressione che a questo punto, vista anche l’improduttività delle ultime cinque ore spese a macerarmi, sia conveniente che vada a dormire, nella speranza, forse vana, di preservare quello sparuto gruppo di neuroni che paiono ancora assolvere decentemente le loro funzioni. Magari – chi lo sa? – è stato tutto frutto della suggestione derivante dall’aver ri-sfogliato di recente “Psicopatologia della vita quotidiana”. Del resto, io l’ho sempre detto che la psicoanalisi è solo quella disciplina che tenta di risolvere tutti quei problemi che prima di avvicinarti ad essa non avevi affatto.

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Not a robot, but a ghost – Andrew Bird

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martedì, febbraio 17, 2009

In ritardo

Ormai non sono nemmeno più sorpresa. Inizio davvero ad essere sopraffatta dalla singolare acasualità che sembra contraddistinguere ogni cosa io faccia o mi accada ultimamente, tanto che a volte avverto quasi un senso di disagio perché pare che non ci sia più nulla di insignificante nella mia vita. Sembra che ogni cosa ed ogni evento siano rivestiti di un'importanza fatale (nel senso etimologico del termine), come se una volontà esterna e superiore stesse costantemente adoperandosi per inviarmi dei messaggi, il che per certi versi mi imbarazza perché mi pare di essere sufficientemente indegna di tanta attenzione, e d'altra parte mi fa sentire sotto pressione perché, sebbene non nutra grande fiducia nelle mie capacità di decodifica, mi spiacerebbe deludere una tale mole di sforzi.
Al di là della sgradevole sensazione di essere una marionetta disarticolata in balìa di un destino al quale, peraltro, non ho mai creduto, mi resta la consapevolezza di aver appreso una lezione importante da tutta questa serie di eventi sincronistici. In verità, si tratta di una lezione tanto rilevante quanto banale, che la maggior parte degli esseri umani interiorizza nei primi anni di vita, ma che a me pareva sfuggire in continuazione nonostante svariate evidenze. Mi chiedo come mai non mi fosse balenato questo pensiero nemmeno quando scoprì che si può arrivare a 25 anni, avere un discreto titolo di studio e credere che Livorno si trovi in Liguria; o quando in un'aula universitaria sentì un manipolo di "specializzandi" di una facoltà umanistica annaspare di fronte al termine 'esoterico'. Più lapalissiano di così! Eppure, chissà perché, sono sempre stata tanto ottusa da non pensare che un titolo o un'etichetta in realtà celano molto di più di quanto non lascino trapelare. Mi ci sono voluti anni, una serie di coincidenze e "L'eleganza del riccio" per capire che la superficie è quanto di più opaco ci si possa immaginare e può nascondere qualsiasi tipo di verità, anche le meno "probabili".

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Conceived - Beth Orton

Edit: Santi Numi! Mi era sfuggito un refuso imbarazzante. Chiedo umilmente perdono inginocchiandomi sui ceci e cospargendomi il capo di cenere. Dopo quanto ho scritto, tra l'altro, la cosa puzza un bel po' di nemesi...
Ri-edit: I refusi erano due. Se imparassi a rileggere prima di pubblicare i post, non sarebbe un male. Annichilita dalla vergogna, ringrazio per le solerti segnalazioni.

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lunedì, febbraio 16, 2009

"Noble Beast"

A volte se non parlo di qualcosa non è perché mi sia sfuggita o non mi piaccia. A volte è solo che mi ha stregata così tanto che non ho parole per descriverla. E' una specie di afasia che mi assale quando sono sopraffatta dalla bellezza, si potrebbe quasi classificarla come una variante della sindrome di Stendhal. Invero, Andrew Bird mi ha causato parecchi di questi attacchi di afasia estatica, non ultimo quello attuale.

Si può tranquillamente dire che il post di oggi sia del tutto inutile (ammesso che gli altri non lo siano): qualsiasi cosa scrivessi di Noble Beast non gli renderebbe giustizia. E' un album pieno di sfaccettature, che soggioga al primo ascolto e al decimo riesce ancora a sorprendere. Gli arrangiamenti sono stupendi e ogni pezzo è pervaso dalla grazia lieve e pensosa tipica del cantautore di Chicago (grazie anche al solito sapiente uso del violino e del suo famoso fischio), con un pizzico di folk in più rispetto ad Armchair Apocrypha e The Mysterious Production of Eggs, come si intuisce già dalla copertina. Se sia oggettivamente migliore o peggiore dei precedenti, non saprei; di certo è diverso, anche se qua e là emerge comunque una certa continuità (l'attacco di Masterswarm, per esempio, secondo me ricorda un po' Action/Adventure) e ogni tanto si sente perfino qualche eco di musica altrui (vedi Tenuousness, che a tratti richiama vagamente la ritmica di Do the Whirlwind degli Architecture in Helsinki).

E' un vero peccato che in Italia quest'artista non abbia nessun mercato e che, di conseguenza, sia impossibile vederlo dal vivo...

Listening to:
The Privateers - Andrew Bird

P.S.
Stefano, come avrai capito, il post di oggi è una risposta al tuo commento di stamattina.
P.P.S.
Per un piccolo assaggio del disco, cliccate qui.

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domenica, febbraio 15, 2009

Fabula

Probabilmente, l'unico vero traguardo nella vita è riuscire a trovare una coerenza narrativa nella propria esistenza. In fondo non siamo che storie...

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Senza voltarsi - Marco Parente

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sabato, febbraio 14, 2009

La notte in cui tutte le vacche sono nere



"Life is too long

to be a whale in a cubicle..."


Fare una cernita tra sabbia e farina senza luce e senza setaccio: impossibile e perfino stupido. Ma come accontentarsi di un assoluto indistinto che si estende per l'esatta durata della propria vita e, dunque, decisamente troppo a lungo?
Come un bambino con la varicella che, per quanto gli abbiano spiegato che non dovrebbe grattarsi, continua a stuzzicare le proprie pustole, io continuo a farmi domande con l'unico risultato di esacerbare le mie paturnie e non ottenere nemmeno una rachitica risposta. Mi resteranno le cicatrici: alcune sono già comparse. Un po' più di indifferenza gioverebbe senza dubbio alla mia pelle, ma sono sempre per metà troppo illusa e per metà troppo disperata per praticare un adeguato distacco. Quest'ansia manichea di distinguere e mettere etichette è una delle tante sfaccettature di un'insicurezza cronica che non mi permette mai di vivere e valutare le cose senza complicarle a dismisura, come se la verità dovesse essere sempre dolorosa e contorta e indecifrabile. Come se il sottofondo della felicità dovesse essere sempre e solo una marcia funebre. Come se avessi ricevuto il mandato di cercare e trovare sempre l'accenno di putridume che si nasconde sotto la pelle tesa e impeccabile di un frutto maturo. E più che benedire la vita per la sua capacità di rendersi indecifrabile e fumosa, io mi lagno di non riuscire a storpiare irrimediabilmente il buono e trovare il brutto il prima possibile. Aspettando sempre e solo il fallimento, l'unica eventualità che mi fa sentire perfettamente a mio agio.

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Plasticities - Andrew Bird

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venerdì, febbraio 13, 2009

Precipitazioni

Quest'inverno severo, come non riesco a ricordarne nessun altro vissuto prima a queste latitudini, ci ha regalato perfino una finta neve di pallottole di ghiaccio. E, quasi come se il clima atmosferico fosse il correlativo oggettivo di quanto mi accade attorno, eventi strani e stranamente confusi si susseguono e temo esigano di essere interpretati, ma sono quasi certa di non avere strumenti che possano facilitarmi tale compito ingrato e, pertanto, sono docilmente rassegnata a smarrirmi tra segni per me indecifrabili. In questo caso non sarà sufficiente guardare le nuvole per fare previsioni, anzi, guardare le nuvole non sarà più utile che credere di poter scrutare il cielo tenendo lo sguardo saldamente fisso sull'asfalto e senza nemmeno l'ausilio di una provvidenziale pozzanghera che funga da specchio.

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Rootless tree - Damien Rice

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giovedì, febbraio 12, 2009

Benedetti dal dubbio

Se quando ci chiedono qualcosa si potesse rispondere con una sensazione invece che con le parole, comunicheremmo molto di più. Per ogni domanda elargiremmo un calore inatteso, una fitta allo stomaco, il fiato che si spezza, un brivido improvviso, una mano tremante, la nausea, una vertigine, un dolore tra le scapole, la pesantezza inspiegabile delle braccia, l'impressione repentina di essere completamente privi di scheletro o il cuore che sembra saltare un battito, e ci capiremmo perfettamente. Ognuno saprebbe esattamente cosa pensa l'altro, senza doversi lanciare in interpretazioni complicate o cercare di leggere tra le righe per riportare a galla ciò che il proprio interlocutore prova a reprimere o a sottintendere. Quanta fatica risparmieremmo, quante notti insonni sarebbero restituite al regno di Morfeo e da quante ferite ci terremmo al riparo!
Ma cosa potrebbe provocarci, allora, quel calore inatteso? Quella fitta allo stomaco o spezzarci il fiato? Cosa ci darebbe i brividi o farebbe tremare le nostre mani? Che ragione avremmo di essere nauseati? Da dove potrebbe originarsi il senso di vertigine? E perché mai dovremmo sentire un dolore in mezzo alle scapole, avere l'impressione che le nostre braccia siano pesanti, o pensare di non avere più l'impalcatura dello scheletro? E cosa farebbe sussultare il nostro cuore? Conoscere tutto, non avere il minimo dubbio, non poter fraintendere né essere fraintesi renderebbe la nostra vita noiosa come il corso di un fiume con argini così alti e solidi da non permettergli mai di esondare.


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The rollercoaster ride - Belle & Sebastian

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mercoledì, febbraio 11, 2009

Nobody's cup of tea...

...yet, it seems like something is happening, unexpectedly, inexplicably. And it feels, oh, so fine!

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If you're feeling sinister - Belle & Sebastian

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martedì, febbraio 10, 2009

Provare a sperimentare la sincronicità?

Un consigliere che ascolto sempre con piacere mi ha invitata a non lambiccarmi troppo, a non pensare che a tutti i costi si debba conoscere la propria destinazione o le tappe del percorso, a non cercare di capire e a prendere una strada qualunque perché quando ci sentiamo persi tutte le strade portano magicamente a destinazione. Sorprendentemente, il romanzo a me più caro (sfogliato durante il fine settimana) parrebbe spronarmi a fare la stessa cosa, ad aprire la porta al caso e alle coincidenze. Perfino un film rivisto giovedì scorso suggeriva un analogo comportamento. Che sia dunque un messaggio? Pare di sì e pare che debba ascoltarlo. Mi chiedo solo se non si possa lasciare la porta socchiusa, invece di spalancarla, giusto per non essere troppo indifesa nel caso in cui tutti i consigli fossero sbagliati...

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Get me away from here, I'm dying - Belle & Sebastian

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venerdì, febbraio 06, 2009

Adrift

Sento cose e dopo qualche ora non le sento più. Penso cose e dopo qualche ora, o qualche giorno, non le penso più o mi viene da pensare l'esatto contrario. Lo stato delle cose sembra mutare ad una velocità frenetica, a volte per contingenze esterne, altre senza apparente motivo, e quello che un momento sembrava favorevole ed incoraggiante poco dopo appare misteriosamente diverso e quasi ostile. Non ho idea di come agire e qualunque cosa decidessi non saprei come portarla a termine senza danno. Come posso mantenere una rotta se non ci sono punti di riferimento? Forse avrei bisogno di una bussola, ma cosa sarà la mia bussola? Cosa, se il nord sembra cambiare continuamente posizione?

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Male in polvere - Afterhours

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martedì, febbraio 03, 2009

Vacuum

La paralisi del pensiero mi spaventa sopra ogni cosa. Il palpito del cuore che sembra andare al galoppo e il conseguente blackout, il vuoto, l'attimo di afasia che andrebbe colmato e non con una risata isterica, se possibile. La costante impreparazione, che mi sorprende nonostante abbia immaginato tutto e studiato frasi e situazioni e provato e riprovato come se la vita fosse una messa in scena, mi terrorizza e mi rende incapace di comportamenti classificabili sotto l'etichetta di normalità. L'unica medicina, quasi peggiore del male, è come sempre l'inazione forzata nell'attesa che tutto passi senza sfiorarmi, eppure - proprio per questo - scalfendomi. Ed è così che il non-nome che do alle non-cose che accadono solo nella mia testa non riesce mai a tradursi in sillabe che possano pronunciarsi ad un prezzo abbordabile anche nel mondo reale. La mia vita è puramente immaginaria e quelle non-parole muoiono silenziosamente di inedia negli angoli in cui le lascio il tempo necessario per dimenticarle e si tramutano in spettri che a volte ballano in circolo nella penombra della mia stanza, come monumenti dinamici a imperitura memoria della mia inettitudine.

Listening to:
La canzone che scrivo per te - Marlene Kuntz

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