giovedì, luglio 11, 2019

Catartica

La bellezza è sempre la cura migliore. L'esorcismo perfetto. La sublimazione precisa, chirurgica, di voragini interiori note e sconosciute. L'arte come terapia, tenaglia, trampolino. Vertigine che sutura, spezza le catene che atterrano, restituisce la possibilità del volo. 

Così le parole più care e preziose le ho trovate nei libri. Gli sguardi più sconvolgenti e i gesti più commoventi su uno schermo. Le verità più ineffabili su una tela. Le emozioni più squassanti nella musica.

La bellezza mi ha insegnato tutto quello che so su di me, tutto quello che so sugli altri, tutto quello che so sul mondo. La comprensione che avrei voluto, quella che ho sempre cercato, l'ho trovata nelle creazioni di estranei che, chissà come, sapevano capire e parlare a me, trafiggermi con l'intimità che tessevano tra noi. I momenti più indimenticabili della vita li devo tutti all'arte.
Mi ha dato tante gioie per sempre, parafrasando il poeta, e riconciliazioni, malinconie, tristezze, estasi, tormenti, desideri. Mi ha permesso di sottrarmi al circolo vizioso del nascere, crescere, lavorare, riprodursi, consumare, consumare, consumare, consumare sempre, consumare più che si può e poi crepare ed è per questo che un tale carosello per me è del tutto privo di interesse. Ma come si fa a spiegarlo a chi conosce solo felicità spicciole?

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