venerdì, novembre 08, 2019

Tempo per me

Le notti insonni non hanno più lo stesso sapore. Non ci sono più canzoni da scandire in silenzio, solo muovendo le labbra, nel buio di una casa addormentata. Ninnananne improbabili. Esorcismi non ortodossi per tumulti e tormenti. A proposito di tutto e di nulla in particolare. Il fido Walkman come compagno, aspettando che arrivasse l'ora di alzarsi per andare a scuola.

Ora la stanza è illuminata da una perpendicolare luce bianca, igienica e abbagliante, come in un ospedale. Il silenzio è rotto dal battere delle dita sui tasti del computer. Essere svegli non è più una fastidiosa casualità, è un bisogno. Un po' per le cose ancora da fare, le scadenze da rincorrere come la lepre in una gara di levrieri al cinodromo; un po' per la necessità di rubare qualche pezzo solo per sé in giornate stritolate dal dovere. Il computer rimanda le stesse ninnananne di vent'anni fa e viene quasi la tentazione di mettersi a ballare. Una ridicola e goffa danza solitaria nel cuore della notte, urlando senza emettere suono parole così familiari e precise e che calzano così a pennello, che sembra ti scorrano nel sangue. 

E si finisce per chiedersi per quale assurda perversione non sembri essere cambiato nulla, mentre i tuoi eroi hanno ormai l'età della pensione o del cimitero. O forse è solo che quelle schegge inossidabili di perfezione riassumono (e possono prendersene il merito) tutti i veri momenti salienti dell'esistenza, perché hai vissuto con più emozione l'ascolto delle crisi interiori di giovani working class dell'Inghilterra settentrionale e dei loro amori - vividi e umani, rabbiosi, un po' disfunzionali, pieni di frustrazioni e di secrezioni, sporchi e imperfetti - di quanto ti sia mai accaduto con la tua stessa vita, fatta di momenti sempre un po' sfocati e con sentimenti attutiti, quasi fossero avvolti nel pluriball. Che per sentirli, finalmente, te li sei dovuti strappare fuori a posteriori sullo sfondo bianco di una pagina e guardarli lì, nella loro gracile stilizzazione, per convincerti che fossero veri.

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giovedì, novembre 07, 2019

"I'll be sleeping in, sleeping in throughout these glory days"

La mente è una macchina del tempo. Vent'anni fa sembrano ieri. Le storie vissute. Quelle sognate. Quelle neppure immaginate per pudore o senso di inadeguatezza. Fantasmi che ci visitano dai Natali passati, presenti o futuri, eppure non hanno nulla di spettrale. Non c'è un solo contorno che sia sfumato. Persone a cui abbiamo detto addio. Commiati forzati. Saluti mai pronunciati. E ancora risuona l'eco delle risate, si percepiscono le canzoni un po' stonate cantate a squarciagola nelle sere d'estate sul lungomare e quelle davanti a uno specchio. Una gioventù stantia e fuori tempo massimo a cui restare aggrappati con le unghie, prima di rassegnarsi a buttarsi a capofitto in presunti "giorni di gloria" fatti di spiccioli successi quotidiani, che accomunano gli esseri umani dalla loro comparsa sulla Terra. 

Non che ci sia davvero qualcosa a cui attaccarsi, niente di luminoso o indimenticabile, se non quel senso rotondo di possibilità, che nel tempo si è poco a poco ristretto. Oggi è solo un puntino, forse poco più, ma allora era come una licenza di inventarsi, di pensarsi e immaginarsi diversi da tutti. 

Ci vuole una perseveranza speciale per aspettare il proprio momento, se tarda all'appuntamento. Qualcuno ha detto che, se fai qualcosa abbastanza a lungo, prima o poi il tuo tempo arriverà. Era certamente qualcuno con molto più talento, molta più intelligenza, molta più passione, molta più motivazione, molta più determinazione e risolutezza di me. Io penso di avere lo stomaco giusto per un altro giro. Poi con un mezzo inchino lascerò la giostra. Non penso mi sarà possibile sopportarne la vista mentre continua a girare senza di me. Non credo riuscirò a distrarmi, come fanno altri, perdendomi in diversivi fino a dimenticarne perfino l'esistenza. 

Dovrò imparare a sopravvivere alle mie promesse mancate, rassegnarmi a giocare con la mano di carte che ho, finalmente arrendermi a soluzioni non originali, forse. O più probabilmente, se mi cercherete, sarò a letto sperando di consumare nel sonno questi "giorni di gloria".

Listening to: 
Glory Days - Pulp

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