Se parli con un quindicenne di oggi anche solo di cinque anni fa, lui ti guarda come se gli stessi raccontando di un'era lontana. Dev'essere colpa dell'attuale velocità delle comunicazioni se i ragazzi nativi digitali vivono in un eterno presente. Per me è difficile perfino concepire che si possa farlo, non solo perché sono tenacemente attaccata ai miei ricordi e alle mie nostalgie fin da quando ero bambina, ma anche perché il passato mi è sempre servito per capire e ripartire. Non credo nella tabula rasa, nei colpi di spugna, nei ponti bruciati o tagliati, non credo soprattutto che pretendere di cancellare qualcosa possa essere un buon viatico per costruire qualcos'altro di nuovo. Ciò che è stato, per me, va ruminato, interiorizzato e superato, come in una sorta di dialettica interna. Così, se devo andare avanti, non posso che guardarmi indietro e contare i passi.
Da qualche tempo sfoglio le pagine di questo diario e rileggo nei commenti parole dimenticate, molte delle quali all'epoca fraintese. Soprattutto i pensieri senza autore, che un tempo mi turbarono, mi sembrano a volte come le frasi di un nume tutelare, di una presenza-assenza che in qualche modo vegliava su di me. Di congetture sull'identità del/dei commentatore/i segreto/i ne ho fatte molte. Quelle di allora, però, a ripensarci adesso mi sembrano così sbagliate e mi pento della durezza di certe reazioni. Risposi stizzita a parole affettuose solo perché ne equivocai la fonte e oggi, benché non possa attribuirle con certezza, ne comprendo pienamente la dolcezza. Com'ero giovane e presuntuosa! L'unica cosa bella dell'invecchiare è poter guardare gli eventi in prospettiva e, nonostante in alcune occasioni questo possa riaprire ferite, accorgersi che le cose desiderate forse si erano timidamente riaffacciate, ma per la troppa sfiducia ci si è passati accanto senza vederle.
Listening to:
Homesick - Kings of Convenience
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