martedì, ottobre 18, 2022

Farewell (?)

In questo tempo nuovo, in cui tutto è incerto e ogni passo pare malsicuro, mi avrebbe fatto comodo il conforto di questo deposito virtuale di sfoghi ed elucubrazioni e di quell'occasionale commento che riusciva a farmi sentire la vicinanza di amici o sconosciuti, che soffermandosi qui per qualche momento avevano la premura di lasciarmi un saluto, un abbraccio, un pensiero.

Invece, in questo tempo di tristi bilanci e angoscianti ripartenze, in cui la sera vorrei solo accucciarmi in un angolo a scrivere regolarmente per schiarirmi le idee, come ho fatto durante ogni altra turbolenza della vita, sono costretta a rinunciare. 

Potrei scrivere per me sola, è vero, e spesso lo faccio, ma la mancanza della possibilità, anche solo remota, di un confronto rende il tutto un esercizio sterile di solipsismo.

Ho tenuto questo spazio viola "sprangato" per un po', in attesa di decidere a quale destino dovesse andare incontro, e in questo interim ho compreso che, nonostante tutto, non riesco a eliminarlo né a sopportare che debba esistere come un nascondiglio privato. Così ho deciso di lasciarlo qui, aperto a tutti. Non so, però, se ci scriverò mai più: forse questo è un commiato tombale.

Vivrà fintanto che i tentativi di forzarlo con Anonymous Fox non andranno a segno, suppongo. E, se prima di allora a qualcuno di passaggio andrà di donarmi un commento, anche solo due parole o un abbraccio virtuale, lo accoglierò come un dono prezioso.

È stato bello, finché è potuto durare.

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giovedì, maggio 12, 2022

Encheiridion

               Per me, se lo voglio, tutti i segni sono favorevoli; infatti qualunque cosa accada tra quelle presagite, dipende da me trarne vantaggio.

 

Un alone di ineluttabilità ovatta gli spigoli della realtà che via via va agglutinandosi e cresce il desiderio di imboccare imperturbabili questo cammino, sforzandosi stoicamente di giungere al traguardo astraendosi dalla meschinità della situazione. Dall'alto di una calma riconciliata con il passato e che ha già scontato il cordoglio per il futuro, raccogliere come in una caccia al tesoro ogni monito e ogni insegnamento disseminato per il percorso tortuoso e accidentato, affinché siano lezioni per un domani fecondo di possibilità. Ma la volontà vacilla tra apprensioni e impassibilità ed è un'eterna lotta interiore tra la consapevolezza che tra tutti i presagi e gli indizi ci siano anche quelli di una nuova fioritura, purché lo si desideri, e il disagio di non sapere quale piede vada messo avanti per primo per innescare la marcia.

 

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Venus in furs - The Velvet Underground

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mercoledì, maggio 11, 2022

Too young to hold on...

Quante vole bisogna perdonare? E quali offese? Quand'è che la misericordia smette di essere un esercizio di carità, una manifestazione d'amore gratuito, una pratica santa, un segno di bontà e inizia a diventare una resistenza assurda, una mortificazione ridicola, un sacrificio autolesionista, una sacrilega mancanza di rispetto per se stessi?

Mi pare di avvertire distintamente dov'è il limite e sono ragionevolmente certa che sia stato superato. Eppure mi fanno difetto il coraggio e l'egoismo per dire il primo no e dichiarare che basta così, che non ho più voglia di far finta di niente, di condonare e dimenticare, specie considerando che di ogni mio inciampo - ancorché minimo - si è tenuta e si tiene, invece, una contabilità minuziosa per potermi all'occorrenza ferire profondamente e senza riguardi con il rinculo violento del senso di colpa.

Vorrei disperatamente gridare un perentorio "non plus ultra!" e mi si chiude la gola. Come sempre mi rifugio nel silenzio, nella sopportazione che mi fa irrancidire il sangue, in questo masochistico atteggiamento di resa per non infrangere una promessa affine ormai a un ergastolo che fa i miei giorni via via più infelici. 

Non ci sono scialuppe, salvagenti, boe, bagnini. Da dove sono niente e nessuno può portarmi a riva. Posso solo nuotare e in questo momento, più dolorosamente che mai, ho quasi la certezza che non riuscirò a fare altro che affogare, che la mia vita sia già perduta. Nonostante sia ancora abbastanza giovane da poter considerare criminale ostinarsi solo per serietà, sani principi e pavidità, resto paralizzata e so solo piangere la rabbia che non riesco a dire.

 

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The sacrifice - Michael Nyman

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martedì, maggio 10, 2022

Stati d'animo stromboliani

Sarà che la Sicilia è terra di vulcani e perciò noi siciliani partecipiamo della natura di questo fuoco fluido che senza sosta scorre sotto la superficie dell'isola, che siamo statici e indolenti in apparenza e dentro siamo caos e vapori. Un continuo ribollire occulto, un montare di gas e poi repentine eruzioni e brusche esplosioni. Immoti come placidi bovini o gatti stesi al sole del pomeriggio, ma lesti a scattare e sbottare senza preavviso se abbiamo un diavolo per capello. 

Se, come Tomasi di Lampedusa faceva dire al Principe di Salina ne "Il gattopardo", la Sicilia dorme, il suo è un sonno gonfio di sogni in cui ruggisce un inconscio esagitato. Sarà per questo che a noi dell'isola, sotto questa apatia esteriore, avvampa spesso una frenesia più violenta di certe mareggiate invernali che cambiano il profilo della costa, spianano le spiagge e distruggono gli stabilimenti balneari. Perché qui non esiste la mite monotonia delle pianure a perdita d'occhio né la quiete eterea delle vette montane, che ci è estranea nella sua elegante purezza. Quaggiù perfino l'alta montagna è fuoco senza pace, che non attende altro se non il momento giusto per tracimare, schizzare, scoppiare.


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The only living boy in New York - Simon & Garfunkel

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lunedì, maggio 09, 2022

Il volto nello specchio

Questa faccia strana e un po’ infantile, egemonizzata da un paio d’occhi decisamente grandi e storpiata da una dentatura sui generis, quanto l’ho odiata! E quante volte insicura ne ho studiato il riflesso, osservandone per ore i particolari, analizzandone le espressioni per capirne i meccanismi, per provare a imparare a non arrossire (esperimento fin qui fallito), per verificare quanto lasciasse trasparire oltre la pelle. Ho scrutato di tutto allo specchio - la gioia, il dolore, il pianto, la timidezza… - nel tentativo (vano?) di intuire cosa vedono gli altri quando guardano me.

Dopo quasi quattro decadi ho imparato ad accettarla per quel che è e non vorrei più cambiarla. No, ormai nemmeno il sorriso sgangherato mi disturba, nemmeno il naso o le perenni occhiaie né la spruzzata di lentiggini sugli zigomi. Se dicessi che mi piaccio, mentirei. E non si spiegherebbe perché, se qualcuno mi fissa, mi prende subito il terrore d'avere qualcosa fuori posto. Col tempo mi sono però affezionata alla mia immagine, a questa faccia bambinesca e non ancora sgualcita, che si adatta bene alla mia sostanziale  inesperienza del mondo. A questi occhi che sembrano perennemente spalancati, appropriati per una che è sempre incline allo stupore e all’entusiasmo appassionato, specie per ciò che non porta successo o denaro o prestigio. Per una che, come i più piccoli, ha conservato il piacere di fare le cose solo per il gusto e non per l’utile. Lo slancio gratuito è la sola grazia che possa offrire e la dedizione appassionata è la migliore qualità che mi riconosco. Non so se tanto basti a giustificare una faccia come la mia, a nobilitarla, ma è diventato sufficiente per me e va bene così. 

 

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Una faccia in prestito – Paolo Conte

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domenica, maggio 08, 2022

Ogni domenica penso che la comunione che prendo dovrebbe ustionarmi il palato e la lingua da tanto sono lontana dalla grazia di Dio. L'abbandono cieco - gesuitica sottomissione di fede perinde ac cadaver - non l'ho mai avuto e oggi mi appartiene ancora meno. Eppure regolarmente mi ostino ad accostarmi a un sacramento al quale non sono neppure più saldamente sicura di credere. Non riesco a costringermi alla logica coerenza di rinunciare anche all’ultima àncora che mi impedisce di andare del tutto alla deriva, adesso che ogni altro punto fermo è stato escisso con chirurgica esattezza. Così settimanalmente cerco il conforto non di un’abitudine, bensì di un momento di balsamica apertura alla speranza. In mancanza di una fede incrollabile, mi sforzo di avere fiducia e tento di accogliere - magari perfino di mettere all'angolo - il Signore che mi sfugge, che ignora le mie preghiere, che resta in silenzio e sembra cinico o indifferente al mio dolore. 

Non so cosa mi aspetto come frutto di tanta perseveranza, di certo non un miracolo. Forse ho solo fame di un’epifania di senso. Non sono pronta a cessare di sperare che ci sia un’entità che sovrintende al destino e che tutte queste sconfitte e tutti questi tormenti non siano casuali, sfortune capitate per semplice probabilità. Voglio illudermi che servano a qualcosa. Ho bisogno di avere fiducia che ogni contrarietà, lacrima e delusione sia essenziale nello sviluppo coerente di una storia, che sia una tappa ineludibile per arrivare alla conclusione fissata. E non pretendo - e nemmeno m’importa - che la meta ultima sia un “e vissero tutti felici e contenti” né un altrove o un aldilà di eterna beatitudine che ricompensi della sofferenza terrena. Mi basterebbe appena poter sapere che non è tutto vano e inosservato o, peggio, privo di significato e accidentale come un qualsiasi lancio di dadi.

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sabato, maggio 07, 2022

Primum vivere, deinde philosophari

Dietro la finestra una pioggia igienica sciacqua via la sabbia africana portata dallo scirocco. Il distendersi dei rivoli sui vetri come un lavacro rituale purifica i pensieri. Il ticchettio irregolare delle gocce sulla ringhiera impone un ritmo convulso alla notte e in questo fare concitato di acqua che scende c'è quasi un invito all'azione. Il cielo cupo si è infine liquefatto, è finito il tempo dell'attesa. La pioggia monda la polvere rossastra incrostata e pare promettere un domani nuovo di zecca, immacolato. Un domani in cui potersi votare al fare, senza paralisi da analisi. Un domani non più teorico ma empirico, in cui a forza di tentativi ed errori si possa realmente rischiare di finire da qualche parte, invece di limitarsi a dettagliare fino alla più insignificante minuzia ineccepibili itinerari immaginari. Infischiandosene della rarefatta eleganza stilistica che è principio cardine della vita contemplativa, rinunciando alla composta raffinatezza dell'astrazione per risolversi a provare a cingere la vita in un abbraccio sghembo.

 

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L'oceano di silenzio - Franco Battiato

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venerdì, maggio 06, 2022

Mise en abyme

Giorni che sembrano la versione in sedicesimo della vita stessa: un inconcludente stillicidio di minuti, che colano distrattamente come gli orologi di Dalí, senza aver raccolto neppure una reale soddisfazione. E le ore e gli anni si affastellano in un perenne affaccendarsi attendendo a compiti di banale quotidianità per soddisfare le necessità spicciole, che immancabilmente si rinnovano come l'appetito di bestie insaziabili. Ogni mattina ci si sveglia per rifare le solite cose in questa esistenza angusta e a dispetto di tutto routinaria, schiava di una sequela di riti apparentemente ineludibili a prescindere da ciò che accada. Eppure non ci sarebbe miglior momento di questo - quale occasione più adatta? - per stravolgere la ripetitiva monotonia. Ma la coscienza azzanna come un lupo già per un piatto lasciato sporco nell'acquaio prima di andare a dormire, figurarsi se è possibile sorvolare su supposti doveri di ben altra gravità. La compulsione è il mio sistema operativo che non può essere hackerato. Ogni macchia va subito tolta, ogni briciola deve essere spazzata via all'istante e su su fino alle cose più importanti niente sembra possa essere tralasciato o delegato, come se da me stessa non potessi pretendere nient'altro che l'essere sottomessa e mite bestia da soma.


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Sea song - Robert Wyatt

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giovedì, maggio 05, 2022

Non ghiabbu nì maravigghia

Non ghiabbu nì maravigghia. Né derisione né stupore. Lo ripeteva sempre mia nonna Maria, ogni volta che qualche pettegolezzo o qualche notizia che potesse essere considerata scandalosa arrivava al suo orecchio. Ricordava a se stessa e a tutti noi di non lasciarci inebriare da un presuntuoso senso di superiorità morale nei confronti dei protagonisti e di non considerarci immuni dall'incorrere nel medesimo destino. Eppure quante volte ho ceduto alla tentazione di giudicare! Mi sentivo integerrima e immacolata, vivevo ancora nell'infondata illusione che la rettitudine fosse una garanzia, uno scudo contro le situazioni scivolose.

Oggi che mi sono cadute le scaglie dagli occhi e vivo la vita postuma di chi, suo malgrado, è stato investito dalla vocazione della realtà alla beffa, capisco la saggezza di mia nonna e non solo la condivido, ma, come insegna Terenzio, humani nihil a me alienum puto. Perché ho sperimentato che si possono commettere errori madornali nonostante - e perfino in ragione de - le migliori intenzioni, che è impossibile essere invulnerabili al dissidio e alla contraddizione, che le circostanze possono pervertire i principi più radicati, che i "mai" e i "per sempre" strombazzati e addirittura giurati il più delle volte sono solo buoni propositi. E ho intimamente compreso quanto sia essenziale distinguere nella condanna tra i fatti e chi li ha commessi, esecrando i primi e usando tutta la misericordia possibile per i secondi, perché qui siamo tutti gracili e indifesi e destinati a cadere e una carezza può rieducarci assai meglio di un ceffone.

 

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Il canto delle sirene - Francesco De Gregori

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mercoledì, maggio 04, 2022

Vorrei farmi concava. Accogliere questa confusione, questa rabbia, questo dolore. Vorrei farmi tino. Contenitore accomodante, che ospita passivo la fermentazione. Osservare il processo per quel che è, senza giudizi né ruminazioni. Aspettare. Lasciar fare al tempo. Non sentirmi costretta a una rivolta inconcludente, solo per dimostrare uno spirito pugnace. Nessuna resistenza. Nessuna resilienza. Non una goccia di sudore o di sangue. Solo una elegante resa. Una umile debolezza. L'accettazione dell'impotenza, dacché la lotta è intempestiva. L'abbandono catartico a una fine che potrebbe anche - perché no? - essere una palingenesi.

 

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La ricostruzione del Mocambo - Paolo Conte

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martedì, maggio 03, 2022

Una giornata di sole sfacciato, di cielo azzurro e senza nuvole, di aria calda che finalmente dà il senso di una primavera matura a un passo dal virare in estate anticipata - come a queste latitudini è di prammatica - e almeno per qualche ora ci si può sentire più leggeri, perfino timidamente fiduciosi. Il senso di tutto quello che da tempo mi accade continua a essere elusivo e il terreno sotto i piedi pare comunque decisamente cedevole, ma per un po' sembra non importare. 

Si può sorridere dell'entusiasmo dei ragazzi che fanno ginnastica nel cortile della scuola, felici delle loro maniche corte che fanno già pregustare le vacanze. Si può rallegrarsi di vedere tavoli, sedie e sdraio tornare su terrazze, verande e balconi, sapendo che presto e per mesi riprenderanno a essere quelli gli spazi più frequentati nelle case. Si può gioire del fucsia squillante dei fiori del mesebriantemo, che si pavoneggiano nel diluvio di luce del mezzogiorno. Si possono seguire i fremiti delle lenzuola stese ad asciugare, guardarle abbandonarsi alla brezza che le fa danzare. Si può essere colpiti dal barbaglio del sole sui vetri di finestre che finalmente si aprono e annusare gli odori di cucina dei vicini. Si può tentare di saziarsi della bellezza delle cose semplici e lasciare che i piccoli piaceri facciano da ansiolitico naturale. 

E avere voglia di camminare senza meta solo per inebriarsi di vita e di mondo, di inseguire le farfalle, di appoggiare le mani sul delizioso calore pomeridiano dei parapetti di pietra della marina con dentro la stessa ingenuità di più di vent'anni fa, quando si era ancora così inesperti da poter credere che comportandosi bene e facendo il proprio dovere tutto sarebbe andato sempre per il meglio.

 

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Your move - Yes

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lunedì, maggio 02, 2022

Fine corsa

Il giorno in cui tutto ebbe inizio e quello in cui ogni cosa sembra chiudersi coincidono in una circolarità ominosa, che pare annunciare fatalmente un epilogo. Quel che resta da capire è se sia terminato solo un ciclo e si possa ricominciare un nuovo itinerario o se abbiamo raggiunto un capolinea dal quale è impossibile ripartire. Questa simbolica compiutezza dà da pensare e sono tutti pensieri cupi. In ogni caso, ci sarà qualcosa da seppellire e qualche lutto da portare, sperando che si possa un giorno raccontare la ferita dal punto di vista della guarigione e che la cicatrice si apra prima o poi in un sorriso.


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A Sunday smile - Beirut

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domenica, maggio 01, 2022

Don't get any big ideas,

they're not gonna happen...


Stanotte perfino Thom Yorke mi ammonisce a restare con i piedi per terra e riproporzionare le mie ambizioni alle mie reali possibilità. E poi mi inchioda alla mia meschinità, avvisandomi della perdizione prossima ventura a cui mi porterà questo vizio incorreggibile di vagheggiare ciò che - se davvero fossi la brava persona che m'illudo di essere - la mente dovrebbe astenersi finanche dal concepire.

 

You'll go to Hell

for what your dirty mind 

is thinking.

 

Vorrei poter rinnegare i miei cattivi propositi. Disconoscere i peccati commessi in pensieri, ma non in parole né in opere né in omissioni, perché certi tipi di male riesco solo a corteggiarli con l'immaginazione senza avere mai il coraggio di concretizzarli. 

Come il principe di Danimarca, in linea di massima sono onesta, ma potrei accusarmi di tali cose che sarebbe meglio se mia madre non m'avesse partorita. Perché le intenzioni possono essere riprovevoli quanto gli atti e non aver mai agito non basta a guadagnarsi l'assoluzione. E mi vergogno. E non riesco a smettere di pensare ai desideri sconvenienti che sento addensarsi, farsi ogni giorno più solidi. E, benché ne provi repulsione, non sono in grado di soffocarli e non mi resta che prendere atto di essere, a dispetto delle apparenze, sostanzialmente immorale.

 

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Nude - Radiohead

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sabato, aprile 30, 2022

Giova tornare qui con ritrovata assiduità, a scrivere per provare a rintracciare il bandolo di questi giorni ingarbugliati. Infonde un vago senso di quiete avere almeno una piccola abitudine in questo rimescolarsi caotico delle tessere del puzzle della quotidianità. Ogni notte fermarsi a passare in rassegna i pensieri, cercando di individuare nuovi possibili equilibri o escogitare scappatoie. Riordinare le idee nell'unico modo in cui lo so fare, allineando sillabe in fila indiana e sperando che dal comporre e poi osservare questa processione di parole possa emergere quanto meno una consolazione, se una speranza è proprio impossibile. Gravida di desideri, paure, delusioni e incertezza, impegnarmi a partorire un racconto di questa tempesta. In ogni frase scaricare un grammo del fardello, alleggerirmi un po' l'anima e respirare a pieni polmoni se non altro per il tempo che mi serve a buttare giù poche righe. Ostendendo la mia anima in questo posticino viola, ancora una volta, come a ogni altra curva cieca dell'esistenza.


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Fortunate child - Villagers & Nico Muhly

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venerdì, aprile 29, 2022

Senza la pazzia che cos'è l'uomo

se non bestia sazia,

cadavere differito che procrea?

 

Pazza, sì, pazza, perché desidero contro la prudenza, la logica e il decoro. Desidero l'impossibile e in un eterno e ininterrotto stato di rêverie lo architetto minuziosamente, fino al più insignificante dettaglio. Una sola vita - questa - non mi basta: in me c'è spazio per tutti i sogni del mondo e tutti e ciascuno li voglio sognare e vivere una moltitudine di esistenze, anche se solo nella fantasticheria. La noia di essere me stessa, di indossarmi ogni giorno come una monotona divisa, mi è sopportabile solo immaginandomi sempre diversa, disegnando miraggi, evocando spettri. Continuamente pregando che esista da qualche parte un punto di collisione tra la mia vita reale e questo tumultuoso, incessante desiderare e che dallo schianto tra ciò che è e ciò a cui anelo possa emergere una creatura nuova, una specie di animale mitologico, che sia contemporaneamente me e tutte le cose che ho la velleità di sognare.


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Cos'è la libertà? - Amor Fou

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mercoledì, aprile 27, 2022

Sein und Sollen

Essere capace di rischiare il ridicolo. Accettare la possibilità di incespicare. Non aver paura di lasciarmi spettinare. Concedermi anche di essere imbarazzante, grottesca, disgustosa, patetica, volgare. Prendermi la libertà di disturbare. Deludere qualcuno solo per il gusto di poterlo rivendicare. Essere indulgente con me stessa e permettermi di non espiare. Forse perfino abbandonarmi a una sguaiata frenesia da baccante. Vivere una parentesi, almeno una, di scalmanato invasamento in cui dare sfogo a tutto quello che da sempre è stritolato da una camicia di forza di decenza e compiacenza. Smettere di obbedire, di sbracciarmi e darmi da fare, di rispondere signorsì a ogni richiesta, di appaltare il mio tempo e la mia attenzione a chiunque. Impegnarmi ad avere almeno un rimorso che interrompa la catena infinita dei rimpianti. Essere rotondamente me stessa, accogliendo la prepotenza contundente della mia Ombra, quell'alterità che non è estraneità bensì costituente. Compiere le mie possibilità e il mio destino, come può solo chi non ha niente da difendere né da ossequiare. Piangere non più di frustrazione, ma come un rito di liberazione, in cui con le lacrime si purga lo spirito dalle sovrastrutture e da quell'acqua battesimale rinascere, dopo trentotto anni, finalmente integralmente me stessa. Essere e basta. Senza dovere e senza garbo. Senza tutte le inibizioni in nome della reputazione propria e del rispetto dovuto ad altri. Senza camminare sulle punte per essere alta quanto le aspettative richiedono.

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Idioteque - Radiohead

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giovedì, aprile 14, 2022

Giorni indefiniti. Una vita di frenate e false partenze, slanci e ripensamenti, che sembra l'abbozzo di qualcosa di cui non si riesce a predire l'esito. E da mesi, se non da anni, la sensazione che si accumulino segni su segni, coincidenze che appaiono come navette diligenti intente a tessere una trama nell'ordito scheletrico dell'esistenza. Il sentore che sia la gestazione di qualcosa di cui non si sa ancora intuire neppure il disegno. Un lancio alla cieca che rende impossibile prevedere la traiettoria e il punto d'impatto. O forse solo l'illusione che da qualche parte arrivi una chiamata fatale, la vocazione attesa e disperatamente desiderata con ridicola perseveranza nonostante i cambi di calendari. Come in certi pomeriggi indolenti dell'adolescenza, in cui si fantasticava il futuro e lo si sentiva indecifrabile come un quadro di Max Ernst, confidando tuttavia che sarebbero arrivate risposte e si sarebbe trovato il proprio posto nel mondo. 

E invece oggi, a un passo dalla mezza età, in mano resta ancora solo un pugno di mosche e nello stomaco un fastidio urente che è un quarto nostalgia, un quarto delusione, un quarto smania e un quarto terrore. Una vita amorfa. La velleitaria e magnifica cattedrale di sogni e fantasticherie di un'anima pavida e rinunciataria, che se dovesse descriversi si troverebbe in un imbarazzante stato di afasia. 

Se nella ghianda è già contenuta la quercia, della mia mi sembra di non essere in grado di dedurre alcun contorno. Il mio codice dell'anima mi appare inintelligibile. Come una conversazione telefonica in cui è tanta l'interferenza e il rumore di fondo che non si riesce a comprendere nemmeno una sillaba. Così l'impressione è che non possa fare altro che mancare il mio destino e disertare me stessa. E allora torno qui e scrivo, come sempre da oltre quindici anni, cercando di strapparmi fuori in un impossibile tentativo di auto-maieutica parole che possano aiutarmi ad aumentare la nitidezza di un'immagine in cui a occhio nudo non si vedono altro che macchie indistinte. 

Se solo fosse possibile fare come il barone di Münchhausen ed essere capaci di salvarsi da sé dalla palude tirandosi su per i lacci dei propri stivali!  


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Il mare verticale - Paolo Benvegnù

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giovedì, marzo 24, 2022

Visitatori onirici

Andare a dormire confidando che la notte porti consiglio e invocare che, coi sogni, l'inconscio suggerisca risposte e manifesti le scaturigini di un turbamento che è sottofondo e tappezzeria delle ore di veglia, senza che a occhi aperti si sia capaci di delinearne nitidamente i connotati.

E poi sognare e nel sogno, inaspettatamente, ritrovare chi non frequentava ormai da anni le nostre notti. Svegliarsi con nella mente l'immagine di quel viso con le sue linee incise distintamente dalla luce scrosciante di una limpida mattina estiva. Una mattina certamente del passato, ché quel volto non può avere oggi conservato intatto quell'aspetto osservato così tanto tempo fa, che ormai viene quasi da chiedersi se non sia stato in un'altra vita.  

E per un motivo inspiegabile - o forse solo inconfessabile - portarsi addosso per tutto il giorno un misto di pacata smania e sommessa euforia. Un timido entusiasmo capace di rintuzzare il senso greve di una mezza età incombente, ma impotente davanti al rimpianto per gli anni lasciati colare distrattamente e le occasioni scialacquate. Una sorta di malinconia attiva condita da una dose di scandalosa curiosità, che se si fosse sul serio buoni e perbene dovrebbe esserci aliena. 

Ma io ho sempre sospettato di non essere buona e di essere perbene solo per mancanza di audacia.

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martedì, febbraio 22, 2022

Forse anche io sono un crogiuolo, 

una fabbrica di futuro

al pari di tutti gli uomini 

che neppure se lo sognano...

Perché non ha tregua il lavorìo,

non siede su se stessa la creazione. 

E anche ora che cosa sto facendo? 

Non guardare all’apparenza,

si esprime nel linguaggio della morte 

ogni nostra vita, ma è vita, vita soltanto.

 

Anche ora cosa sto facendo? 

Sono una pentola a pressione un attimo prima del fischio. L'aspetto non lascia ancora trapelare alcunché, ma sotto queste mentite spoglie c'è una tigre in gabbia che si dibatte. Nel sogno ne ritrovo i ruggiti, la smania furiosa, l'indomabilità. So qual è la parte marcia che dovrei scartare e non ho il coraggio di calare la mannaia. Conosco le cause di questa inquietudine, della repulsione che improvvisamente si gonfia come uno tsunami, della rabbia che si accumula e che cerco di ammucchiare negli angoli nel tentativo disperato di ignorarla. E il fermento interiore, il rovello, non si placa un momento. C'è qualcosa da seppellire per poter continuare a vivere, perché persistere quando si è sperimentato quanto possa essere vero che "l'inferno sono gli altri" è un torto fatto alla vita prima che a se stessi, eppure l'azione si paralizza e, come Amleto, la coscienza mi fa vile. 

Mi restano, allora, solo i soliti analgesici. Ma per quanto ancora basterà?

 

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London, London - Caetano Veloso

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sabato, dicembre 25, 2021

E sorridiamo all'umana tristezza

Oggi è Natale. 

Le maschere celano volti e soffocano sorrisi. Il simile che ci passa accanto non è più fratello, bensì potenziale nemico. La stretta di mano è un attentato. L'abbraccio un'avviluppante minaccia. Il bacio una biasimevole abitudine antigienica del passato.

Festeggiamo la Luce. Che sia il Sole pagano che rinasce, il Dio cristiano che si incarna e irrompe nella Storia o solo i baluginii delle luminarie festive, poco importa. Celebriamo il bagliore nel cupo dell'inverno. Ma ipocritamente abbiamo il buio dentro, l'ombra nel cuore e un'aridità di spirito che da troppi mesi sempre più ci dissecca e sclerotizza. La facoltà di amare è atrofizzata. Il desiderio velleitario - quella voglia asfissiante d'impossibile - è soffocato come una smania volgare, di cui è a malapena opportuno vergognarsi. Solo l'attaccamento alla mera esistenza è permesso. Solo la strenua difesa della semplice costanza in vita è degna d'essere perseguita. Anzi, di più, lodata. Eletta a somma virtù perfino.

Tuttavia, in questi giorni insignificanti, affastellati come cianfrusaglie l'uno sull'altro, resta la Bellezza. Fantastica. Vertiginosa. Immortale. E tanto basta. O può bastare. Senza altro scopo, senza altra prospettiva che essere esclusivamente reperto anagrafico non ancora depennato dal quotidiano, la Bellezza è l'unica possibile Weltanschauung, l'unica teleologia, la sola Stella Polare superstite. 

 

"E allora ciò che ha scritto
l'uomo dell'uomo
mi confonde solo.
E allora mi sento confortato.
E sorridiamo all'umana tristezza."

 

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Uragano Vite - Marco Parente

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sabato, maggio 29, 2021

Scempio

A fermarsi un momento a pensare senza riserve mentali, con brutale onestà, la consapevolezza urticante di tutti gli errori commessi si diffonde come un'infezione. Che cadesse una tessera del domino: tanto è bastato perché a valanga si susseguissero scelte una più sconsiderata dell'altra. Come se non fosse possibile, o desiderabile, nemmeno tentare di riparare al primo inciampo. Come se un alone fatale obbligasse piuttosto a storpiare e deturpare via via in maniera meno rimediabile il quadro. 

E dopo aver piantato una a una le sbarre, perché sorprendersi della gabbia? Ma che sia auto-inflitta, e finanche perversamente desiderata, non rende meno asfissiante la prigionia. 


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Shipbuilding - Elvis Costello

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martedì, aprile 13, 2021

In-azione

Un ingorgo che non può essere disotturato. Un circuito su cui girare all'infinito. Un senso d'oppressione a cui non si riesce a dare sollievo. Un prurito che non si può raggiungere e grattare. La sensazione di essere a un punto morto dell'esistenza diventa sempre più onnipresente. Sarebbe l'innesco perfetto per una crisi di mezza età in piena regola, se solo avessi il coraggio degli atti radicali. Ma i desideri sono forti e la volontà è debole, troppo molle perfino per un esaurimento. E la testa, la testa che non smette di immaginare, è insieme linimento e guinzaglio. Fantasie così vivide da sembrare materia forniscono una realtà virtuale coinvolgente e convincente, temperano la noia, la rabbia, l'insoddisfazione e, impedendo la completa disperazione, ancorano a un binario morto una vita che si è srotolata già così tanto da essere ormai oltre la stagione della fioritura, con gemme che si rattrappiscono sui rami non essendosi, però, ancora rassegnate a non sbocciare. 

Così ogni mattina è un nuovo proposito, una nuova promessa e ancora e sempre, venuta la notte, non resta che registrare l'ennesimo tradimento consumato fantasticando grandiosità ed evocando presenze impossibili. E il tempo sprecato si accumula e ne chiama altro e altro ancora...


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Cataracts - Andrew Bird

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mercoledì, marzo 10, 2021

A cosa è servita l'obbedienza? Ogni regola rispettata è diventata solo un chiodo in più per assicurarmi sempre più fermamente alla mia croce. Di rinuncia in rinuncia e di sottomissione in sottomissione l'orizzonte piano piano si è ristretto fino a farsi una feritoia da cui la luce filtra appena. In quanto ai sogni, presto non resteranno nemmeno l'energia e il coraggio per fantasticarli, se mai nessun castello in aria è diventato per lo meno un ballon d'essai con cui provare a vedere se ci fosse abbastanza vento perché si andasse da qualche parte. E mentre anche il premio di consolazione sembra più precario che mai, guardo alle medaglie di chi non ha mai pensato a fare null'altro che ciò che voleva - incurante di chi potesse aversene a male o restare deluso o ferito - arrendendomi alla certezza che non ci sia retribuzione per aver colorato dentro i contorni per tutta la vita. 


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Catch the Wind - Donovan

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giovedì, febbraio 25, 2021

Passerà - prima o poi - questo volere qualcosa, senza sapere cosa?

La noia nei confronti di tutto e la pervicace speranza che niente cambi. Due estremi che strattonano uno da una parte e uno dall'altra. E in mezzo un abisso che si spalanca. La vertigine del precipizio, l'inquietudine, l'ansia. E la ricerca di un escapismo che funga da compassionevole anestesia. L'arte della fuga, l'unica che abbia mai padroneggiato.

 

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Station to Station - David Bowie

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giovedì, dicembre 10, 2020

Che passi il tempo, solo questo. Potessi esprimere un unico desiderio, sarebbe un salto temporale da qui a quando questo voto potrà essere sciolto. Lo sforzo è tutto qui: nel dover reprimere questa smania, che morde le caviglie come un cagnolino che mette i denti. Non fa male, ma non smette di infastidire un attimo. È una lotta costante tra la voglia di non credere e gettare tutto alle ortiche e quella di resistere, perché non si sa mai ci si debba poi pentire di aver mancato di fede. E intanto l'ignoranza pesa e opprime e il tempo sembra una sgradevole pratica da sbrigare. Se solo potessi avere il filo magico della fiaba, lo tirerei quel tanto che basta per superare quest'incertezza e questo tempo di sacrificio promesso forse più per scaramanzia che per fiducia. Ma a qualcosa ci si deve pur poter appigliare e la speranza si paga in moneta di privazione, da sempre e per sempre. Così non resta che aspettare...


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Il diavolaccio - Marco Parente

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giovedì, agosto 13, 2020

Esplorando

Questa strana estate senza vacanze è, tuttavia, un'estate di viaggio. L'estate di una personale spedizione alla ricerca delle mie Montagne della Luna. Sarò il saccente Burton? O l'arrogante Speke? Resterò testardamente irremovibile e pervicacemente ego-centrica? Avrò il coraggio di lasciare emergere tratti che preferisco fingere di non sospettare nemmeno? Tornerò scornata e sconfitta, decisa a liquidare tutto come una montatura? Tornerò vincente, ma delusa? Tornerò io? O tornerà qualcuno che ha il mio stesso aspetto, ma che non è affatto la stessa Maria che è partita? Sarà un'impresa? O un fallimento?

Da un po' di tempo a questa parte mi sembra di avere solo domande e nessuna risposta, nessuna certezza. Sono la versione sperimentale di me stessa, precaria e in fieri, che tutto è pronta a mettere in dubbio e tutto è pronta a riconsiderare. E mentre sento il suolo traballante, mi pare che il mio sguardo si sia fatto più acuto. Via via che verità di comodo e bugie pietose e postulati figli della paura svelano la propria natura, mi pare di riuscire a vedere venire a galla cose su di me e sugli altri rispetto alle quali la cecità dei miei occhi era totale. Non così, tuttavia, quella dell'anima, che le stesse cose le conosceva - o per lo meno le intuiva - e cercava di portarle in superficie manifestandole come vaghi fastidi, inspiegabili ansie, inopportuni scatti d'ira, indecifrabili gioie, intempestive lacrime, apparentemente immotivati timori. E, se da un lato mi sento posseduta da una sorta di furia iconoclasta, desiderosa di abbattere e di distruggere e di cancellare, dall'altro ho un bisogno e un desiderio di sacro che si fanno sempre più brucianti. Ho necessità di una nuova teogonia e nuovi altari, santi nuovi e nuovi valori. Di un tempo diverso in cui poter guardare i germogli e aspettare prima di decidere cosa tagliare, senza rigidi precetti. Un tempo che accetti anche l'ortica o la gramigna, senza tenere l'erbicida sempre a portata di mano.


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Epilogue - Ryuichi Sakamoto

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martedì, agosto 11, 2020

Apostasia

Che genere di dio sei, che non distingui offerte e offese?

Che genere di dio sei, che, purché provenga da me, tutto consideri con indifferenza o sdegno?

Che genere di dio sei, che hai leggi contraddittorie e non imparziali?

Che genere di dio sei, che ad alcuni chiedi l'impossibile e perdoni ad altri di non aver fatto nemmeno l'indispensabile?

Che genere di dio sei, che tra la tua progenie hai distribuito patenti di divinità e di mortalità con implausibile arbitrio?

Che genere di dio sei, che hai chiesto il sacrificio della mia adolescenza?

Che genere di dio sei, che impassibile l'hai guardata dissanguarsi come fosse una visione qualunque?

Che genere di dio sei, che hai scritto le tue promesse nell'acqua di un fiume impetuoso?

Che genere di dio sei, che ancora e ancora mi hai illusa e poi tradita?

Che genere di dio sei, che per tutti hai comprensione e per tutti hai un perdono, meno che per me?

Che genere di dio sei, che distribuisci premi e colpe, sia quelli che queste immeritati?

Che genere di dio sei, che sei misericordioso con gli uni e implacabile con gli altri?

Che genere di dio sei, che a tutti profetizzi il bene e per me intravedi solo un presente e un destino infelici?

 

Io ti rinnego.  

E rinnego ogni mitezza, ogni accondiscendenza con nelle viscere il dolore di chi sa che l'abiura è tardiva e non serve a recuperare quello che è perduto.

Fuori dalla tua nazione, lontano dalla tua legge, sono sottratta al mio peccato originale (che, in verità, non è nemmeno mio). E, pur dolente e in ritardo, sono finalmente libera di scegliere da sola l'unità di misura con cui soppesarmi.

 

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Song to the siren - Tim Buckley

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domenica, agosto 09, 2020

E ora che sempre più vedo quello che è, quello che sei, mi sento molto meno piccola, meno indifesa. Vedo l'ipocrisia e la cattiveria sotto la vernice della mitezza e dell'equità. E sono consapevole del disprezzo. Lo sento nettamente, mentre mi viene vomitato addosso in modo subdolo e insinuante. Ma sentirlo per quello che è, non come un mio senso di colpa da espiare, gli toglie il potere di dilaniarmi. Lo sento sempre più come una percezione neutra e sempre meno come un dolore. Non è più una ferita inferta, è un dato da registrare. E parla di te, non di me. Di ogni stilettata io sono solo il bersaglio, non la causa. 

Adesso lo vedo, adesso lo so. 


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Geraldine - Glasvegas

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domenica, luglio 19, 2020

Insensibile. Così mi definiva. E io a chiedermi per anni come fosse possibile, allora, avere tutte quelle lacrime, da dove venissero, perché a volte sembrasse interminabile il tempo passato prima di poterle contenere. Lacrime da emozioni di retroguardia, vissute sempre ex post, come se in diretta mi fossero precluse. Lacrime silenziose da relegare dietro porte chiuse e consumare in solitudine. In pubblico la vita era un'anestesia perenne e così, di tante cose mi sono accorta fuori tempo massimo, una volta che ho potuto guardarle al sicuro nell'intimità della mia stanza.

Insensibile, sì, ma per mia natura o solo per confermare un'etichetta assegnatami? Insensibile per mandato. Con un corpo da temere e zittire e domare come un animale feroce. Con standard irraggiungibili a cui tendere, che richiedevano - anche solo per provare ad avvicinarvisi - l'eradicazione di ogni vulnerabilità, ogni dubbio, ogni possibilità di errore, ogni umanità. Una vita a reprimersi e vergognarsi e nascondersi e svalutarsi, a guardare le cose belle con il sospetto di chi non si crede alla loro altezza. A pensare che la mia felicità dovesse essere subalterna, se rompeva patti ai quali mi era stata imposta la fedeltà, se arrivava prima di date fissate con non si sa quale criterio. O a non vederla nemmeno, la possibilità della felicità, perché - sapendo che non era ancora il tempo stabilito - mi negavo inconsciamente perfino la facoltà di percepire sensazioni e turbamenti. E intanto vedere il perdono per gli altri, la comprensione, addirittura la giustificazione delle loro deviazioni da norme che per me, invece, erano ferree e insindacabili come dogmi. Cogliere la crudeltà e l'insensatezza di tutto questo e comunque riuscire a sentirsi in colpa anche solo di aver ricevuto una telefonata, portando nel cuore il cimitero di tutte le cose lasciate morire, sacrificate su un altare che non era mio, per compiacere qualcuno che non ero io. Sopportando in silenzio, senza ribellarsi mai, perché questo mi era stato insegnato: che il sacrificio e il dolore per una donna sono la condizione esistenziale.

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The Mercy Seat - Nick Cave & The Bad Seeds

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sabato, luglio 18, 2020

Approvazione

What drink’st thou oft, instead of homage sweet,
But poisoned flattery?


Nel culto di chi o di cosa viviamo? Di chi sono gli dei che seguiamo? Abbiamo davvero scelto noi l'altare sul quale sacrificare tempo e fatiche? Come abbiamo deciso a cosa consacrare la nostra vita? Per compiacere chi? Per noi stessi o un'autorità esterna che ogni tanto ci dispensa qualche zuccherino e così ci tiene in suo potere? Siamo davvero autonomi o siamo inconsciamente eterodiretti da desideri che non ci appartengono?

Ap-pro-va-zio-ne. Cinque sillabe da cui mi sto curando e, mentre sono alle prese con la mia terapia, i miei "colleghi" malati li vedo dappertutto, come non mi era mai capitato di notare. Se c'è davvero una pandemia, è questa ricerca spasmodica dell'apprezzamento, quasi che avesse valore solo ciò che riceve il plauso di qualcun altro. Quella voglia di essere guardati, notati, lodati per curare ferite antiche. Ma trovare lo sguardo così ardentemente bramato e mai davvero catturato è impossibile. Neanche milioni di milioni di altri occhi potranno colmare quel desiderio. Mentre quelli, quelli non ci guarderanno mai come avremmo voluto, e comunque sarebbe troppo tardi. Con le cose buone è sempre una questione di tempismo: in ritardo o in anticipo non servono a niente. 

L'unica cura possibile è una rivoluzione, un'inversione a U in direzione di se stessi perché lo sguardo che brilla sia il proprio, perché sia il nostro il viso su cui si allarga un sorriso orgoglioso e niente possa fare vacillare una soddisfazione intima, viscerale cercata e costruita con in mente solo le proprie passioni, i propri desideri, la parte autentica di sé.

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Like a Friend - Pulp

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sabato, giugno 13, 2020

Saving grace

Attorno la tempesta. Nubi dense, scure, che vomitano pioggia a conati violenti. Lampi che fendono il cielo. Tuoni squassanti. Venti impetuosi. Strepito. Confusione. Non sappiamo dove stiamo andando eppure ci andiamo velocissimo.

Dentro una pace nuova, sconosciuta, sorprendente. Forse fragile come un cristallo, ma tenace come certe cose sottili sempre sul punto di spezzarsi e pervicacemente impegnate a resistere. 

C'è una grazia speciale nel lasciarsi andare, nell'accettare la spinta del vento, nello smettere di restare abbarbicati alla propria immagine di sé, a illusioni e definizioni, alle proprie presunte promesse mancate, che - benché sembrassero la corda tesa dell'arco, che ci avrebbe proiettato lontano - non erano altro che confini e catene e camere di contenzione.

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Meglio che niente - Pino Marino

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